Il corteo Pro Palestina invade le strade di Mestre: «Blocchiamo tutto»

La grande manifestazione a sostegno della popolazione di Gaza e contro la guerra portata avanti da Israele ha richiamato in strada migliaia di persone

Giacomo Costa
Un momento della manifestazione pro Pal a Mestre
Un momento della manifestazione pro Pal a Mestre

Le bandiere rosse, nere, bianche e verdi sventolano davanti all’ingresso della stazione, un picchetto sempre più nutrito che si raccoglie proprio dietro il semaforo pedonale che taglia la carreggiata, che prosegue via Piave.

Ma gli striscioni, i cartelli con le fotografie dei bambini palestinesi, con gli slogan che inneggiano alla pace sciamano verso il punto di raccolta previsto da tutte le direzioni, non solo dalla direttrice principale che dal centro di Mestre porta fino ai binari ferroviari.

 

E a reggere i fogli, a sventolare i drappi di nylon, a vestire le kefiah, sono giovani dallo sguardo fiero come anche anziani non ancora stanchi di far alzare la voce.

 

Il corteo Pro Pal sfila per le strade di Mestre: ecco il video

La grande manifestazione a sostegno della popolazione di Gaza e contro la guerra portata avanti da Israele ha richiamato in strada più anime di quante sono le sigle, le associazioni, i comitati che avevano anticipato la loro adesione: l’appuntamento era per le 16, alle 15.30 chi doveva raggiungere un treno trascinandosi dietro un trolley era già costretto ad allargare il giro, un muro di manifestanti che, in qualche modo, aveva già iniziato a “bloccare tutto”, come da annuncio in locandina.

Attorno alla stazione, un cordone fittissimo di forze dell’ordine: i blindati della polizia, in quella zona di Mestre, non sono una vista rara, ma sabato pomeriggio l’abitudine veniva moltiplicata per tre; il percorso stabilito in accordo con la prefettura tradisce le aspettative di migliaia di presenze: il furgoncino con le casse, pronto a prendersi la testa della marcia, dovrà proseguire verso via rampa Cavalcavia, quindi per corso del Popolo; è la stessa strada che, un anno fa, ha seguito la manifestazione in onore di Giacomo Gobbato, diecimila persone dichiarate.

Al Lido, venti giorni prima, la protesta per la Palestina ne aveva riunite cinquemila, e anche se il traguardo questa volta non sono i cancelli della mostra del Cinema ma piazza Ferretto, è facile immaginare almeno altrettanti manifestanti dietro ai simboli di Emergency, Amnesty, Anpi, Cinque stelle, Rifondazione, Cgil, Rivolta, Studenti medi, Udu, e tantissimi altri ancora. 

Alle 16.10 il megafono spezza la musica che già riempie l’aria per un “annuncio di servizio”: «Quando partiamo, invitiamo tutti i bambini e i ragazzini a mettersi davanti, in prima fila, abbiamo una flotta di barchette da far navigare fino a destinazione».

Il simbolismo non ha bisogno di spiegazioni: si marcia a sostegno della Global Sumud Flotilla, che delle barchette colorate ha fatto il suo emblema, nel suo progetto di sfondare via mare il blocco israeliano per portare aiuti umanitari in Palestina.

Alle 16.30 sono effettivamente i più piccoli a guidare la carica, dietro le casse del furgone ma prima dello striscione di testa che recita: "Gaza brucia, fermiamo il massacro, blocchiamo tutto”.

La scalata del cavalcavia Inizia a singhiozzo, lascia il tempo ai ritardatari di infilarsi tra la folla, tra un arcobaleno per la pace e un vessillo Antifa. “Chi non arresta Netanyahu è complice!”, urla un uomo di mezza età, le mani attorno alla bocca a sostituire il microfono; gli risponde una prima fila di pugni alzati.

Caricature, slogan contro la vendita di armi, la dichiarazione in stampatello di non essere “né con Israele né con Hamas”, ma “sempre dalla parte dei civili e di chi sta sotto le bombe”: oltre le teste dei manifestanti svetta una foresta di fogli che parla non trattiene le accuse, anche contro il governo italiano del “Made in Italy” fatto di elicotteri e mine. Il coro diretto dai megafoni è più essenziale: “Palestina libera! Free Palestine!”.

finalmente diretta verso corso del Popolo. Ad accogliere il corteo, all’angolo con via Torino, il palazzo che ospita l’hotel Ambasciatori si è fatto sentinella: sul tetto quattro sbuffi di fumogeni rossi, sulla facciata un’enorme bandiera palestinese che veniva issata sulle impalcature. “Ci siamo ripresi anche i muri della città”, continua la voce del megafono, “ora ci riprendiamo anche il centro”.

Dopo mezz’ora di blocco, la manifestazione ha fatto dietro front e si è finalmente diretta verso corso del Popolo. Ad accogliere il corteo, all’angolo con via Torino, il palazzo che ospita l’hotel Ambasciatori si è fatto sentinella: sul tetto quattro sbuffi di fumogeni rossi, sulla facciata un’enorme bandiera palestinese che veniva issata sulle impalcature. “Ci siamo ripresi anche i muri della città”, continua la voce del megafono, “ora ci riprendiamo anche il centro”.

Alle 18 le casse del furgone ricordano Giacomo Gobbato, mentre i manifestanti arrivano davanti al punto esatto del corso dove un’anno prima “Jack” ha ricevuto la pugnalata che l’ha ucciso. “Non dimenticare ciò che ha fatto significa mettersi in gioco, significa mobilitarsi, significa essere motore di cambiamento”. Risponde il coro, lo stesso del 28 settembre 2024: “Jack è vivo e lotta insieme a noi, le nostre idee non moriranno mai”. I volantini sui muri invitano tutti alla cena di quartiere del giorno dopo, nel nome di Gobbato.

Un quarto alle sette e la manifestazione pianta finalmente la sua bandiera in piazza Ferretto, alzi la sventola, e non una ma centinaia. Il conteggio, arrivati al traguardo, è di almeno ottomila partecipanti (anche se, per gli organizzatori, si può arrotondare volentieri a dieci, e questo è quello che hanno rivendicato fino all’ultimo).

Il corteo diventa festa di piazza, conquista il palco che sarebbe stato destinato a Francesca Fagnani, allestito dal Festival delle Idee. Ma prima di lasciar parlare la musica - che comunque ripete “free Palestine” - c’é il tempo per dare a tutti appuntamenti per lunedì, a Marghera, per la protesta di USB e dei centri sociali, che minaccia di andare a bloccare il porto.

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