Stop ai gettonisti, nei Pronto soccorso in Veneto arrivano medici argentini e brasiliani
Fa discutere la sperimentazione della Regione dopo lo stop ai gettonisti. Si tratta di dottori non riconosciuti in Italia che avrebbero il doppio passaporto. L’assessora Lanzarin: «È un test». La preoccupazione dell’Ordine dei medici, critiche da Pd e FI

Medici latino-americani per un circuito ospedaliero in sofferenza. La sanità autorizza il reclutamento “sperimentale e temporaneo” di camici bianchi stranieri (o italiani laureati all’estero) provvisti di titoli non ancora riconosciuti dal nostro Paese.
Una misura straordinaria, introdotta durante l’emergenza Covid e via via prorogata fino al 2027: Lombardia, Calabria e Sicilia l’hanno adottata da tempo, ora è la volta del Veneto, afflitto – lamenta una nota della Regione – da «criticità ormai strutturali nei servizi di emergenza-urgenza e pronto soccorso, sempre più in difficoltà nel reperire personale disponibile».
In concreto, sarà la governance Azienda Zero a diffondere un avviso pubblico rivolto a professionisti già presenti sul territorio nazionale, in possesso di permesso di soggiorno per motivi lavorativi o di cittadinanza italiana, che potranno indicare le rispettive preferenze per l’assegnazione nelle diverse Ulss.
«Una risposta pragmatica alla situazione di carenza che investe l’intero Paese e che si sta aggravando», commenta l’assessore alla salute Manuela Lanzarin, che ribatte così alle prevedibili obiezioni: «Comprendiamo che il tema sia delicato e siamo consapevoli della complessità normativa legata al riconoscimento dei titoli, proprio per questo nella delibera abbiamo previsto un impegno chiaro: ci attiveremo affinché il Governo definisca livello nazionale una disciplina specifica che consenta anche a questi medici di iscriversi a elenchi speciali presso gli Ordini, garantendo trasparenza, sicurezza e uniformità di sistema».

Nel dettaglio, il percorso indicato da Roma prevede la selezione per titoli e colloquio ad opera di commissione di esperti per la valutazione delle competenze e la conoscenza della lingua italiana: una procedura che Palazzo Balbi ha reso più rigorosa tramite la richiesta aggiuntiva di certificazione dei carichi pendenti e dell’onorabilità professionale.
Tant’è. L’eventuale assunzione, condizionata all’esaurimento delle graduatorie ordinarie e a quelle riservate ai laureati in formazione specialistica, perdurerà fino al 31 dicembre 2027, salvo ulteriori proroghe statali. Ma, in assenza di stime attendibili circa il numero dei potenziali candidati, qual è, realisticamente, il traguardo immaginato e in quali bacini si conta di attingere?
Al riguardo, fonti ufficiose indicano in via preferenziale l’Argentina e il Brasile, nazioni di radicata e diffusa immigrazione nordestina dove abbondano gli oriundi dotati di doppio passaporto e perciò esenti da ostacoli legislativi.
Non pochi tra loro, scoraggiati da crisi economica e criminalità diffusa, avrebbero manifestato disponibilità al trasferimento in terra veneta: alcuni l’hanno espresso direttamente, tramite mail all’amministrazione presieduta da Luca Zaia; altri sono stati “intercettati” da associazioni ramificate e attive, quali Bellunesi e Trevisani nel Mondo, leste a segnalarli all’istituzione.
Sul versante interno, invece, si guarda con attenzione ai medici ucraini fuggiti dalla guerra e accolti in Italia, costretti magari a svolgere attività non adeguate al loro bagaglio professionale. Prospettive? «Questo è un test, impossibile prevederne l’esito», si schermisce Lanzarin, «credo però che trenta-cinquanta assunzioni, garantirebbero una boccata d’ossigeno ai nostri ospedali» .
Infine, l’assessore leghista inquadra il provvedimento nella strategia di progressivo superamento del fenomeno dei “gettonisti” (i medici a chiamata che operano in regime libero-professionale esternalizzato) ma la scelta non convince i dem.
«Una decisione che solleva gravi perplessità, alla quale ci opponiamo con fermezza chiedendone la sospensione», la dichiarazione congiunta delle consigliere Anna Maria Bigon e Chiara Luisetto. «Affidare i pronto soccorso, reparti ad alta complessità clinica, a medici i cui titoli non sono riconosciuti ufficialmente in Italia è un azzardo pericoloso e inaccettabile», l’affondo, «in gioco ci sono la sicurezza dei pazienti, la qualità delle cure e la tenuta del nostro servizio pubblico».
Contraria anche Forza Italia: «Prima il ricorso eccessivo ai gettonisti, ora quello a medici con titolo non riconosciuto in Italia. L’assessore Lanzarin pare procedere a tentativi, ma non mi pare siano soluzioni adeguate. Mi sarei aspettato una maggiore attenzione e coinvolgimento dei medici italiani laureati e abilitati, molti dei quali anche specialisti», punge il consigliere di FI, Alberto Bozza.
I medici: «Penalizzato chi segue le regole»
L’avvio del reclutamento di medici stranieri provvisti di titoli non riconosciuti in Italia è accolta con “forte preoccupazione” dai dirigenti della Federazione degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri del Veneto, lesti a sollecitare la Regione affinché «si faccia promotrice, presso il ministero della Salute e la Conferenza della Regioni, dell’istituzione in ogni Ordine territoriale degli Elenchi speciali temporanei a cui iscrivere i professionisti extracomunitari che abbiano ottenuto il riconoscimento dei titoli da parte della Regione».
«Proponiamo l’istituzione di una commissione regionale che coinvolga l’Università per la valutazione dei curriculum e gli Ordini per le loro funzioni istituzionali», chiarisce Filippo Crimì, il presidente dell’Ordine di Padova. Che non nasconde timori e perplessità: «La misura adottata dalla Regione poteva avere una giustificazione eccezionale solo nel contesto emergenziale del 2020 e negli anni immediatamente successivi. Oggi sembra che si voglia rinunciare all’impiego dei medici italiani, gettonisti, per far largo ai medici stranieri. Non abbiamo mai condiviso l’utilizzo dei primi ma mai ci saremmo aspettati che si rinunciasse a medici italiani laureati e abilitati, molti dei quali anche specialisti, adeguatamente formati dalle nostre università, per affidare i nostri pazienti a medici stranieri extracomunitari senza adeguate garanzie così come previsto dalle leggi sul riconoscimento dei loro percorsi formativi. Non vorremmo che la cura fosse peggiore della malattia ...».
Punto centrale, l’adeguatezza professionale dei nuovi assunti e le relative verifiche: «La valutazione dei titoli di studio esteri per medici o odontoiatri o per tutte le altre professioni sanitarie e dei relativi requisiti, ricordiamo in particolare gli infermieri, resta di esclusiva competenza ministeriale ma tale funzione potrebbe essere delegata alle Regioni attraverso un congruo controllo di qualità e sicurezza».
La criticità nasce da una precisa circostanza: «I professionisti impiegati in deroga non risultano iscritti agli Ordini professionali, e non possono accedere al Sistema sanitario nazionale, condizione necessaria alla prescrizione di ricette, alla certificazione a vario titolo, al rapporto con le assicurazioni, al possesso della Pec, all’obbligo della formazione continua e a tutte le funzioni necessarie per il servizio e la tutela dei cittadini».
«In tale situazione», prosegue Crimì «gli Ordini non possono esercitare su questi colleghi le dovute funzioni di vigilanza e controllo su titoli, sull’aggiornamento professionale e sul rispetto del codice deontologico. L’assunzione “emergenziale” crea un’evidente disparità di trattamento tra professionisti stranieri e penalizza quei colleghi che, con serietà e rispetto delle regole, stanno affrontando il regolare iter ministeriale di riconoscimento delle loro qualifiche, comprendente l’esame di lingua italiana e la valutazione delle competenze professionali».
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