Marchesin, tra Nuova Esa e Bruneco
VENEZIA. «Mescolando, mescolando, mescolando, però si vede che sono colori troppo chiari». Parla di rifiuti tossici Francesco Marchesin durante una conversazione con suo collaboratore all’interno dell’impianto della Nuova Esa di Marcon. I rifiuti vengono “mescolati” - fanghi con zinco in questo caso - per far perdere loro la tracciabilità. Una pratica consolidata per Marchesin che dentro la Nuova Esa, oltre che comproprietario assieme ad altri tre cugini, era responsabile delle movimentazioni dei rifiuti.
Marchesin è uno dei tanti imprenditori che la Canuto vanta o millanta di conoscere, parlando con Nunzio Perrella. Un esperto di rifiuti la cui storia può essere raccontata attraverso gli atti giudiziari che lo riguardano.
La Nuova Esa verrà sequestrata nel marzo del 2004 nel corso di un’inchiesta sul traffico illecito di rifiuti condotta da Giorgio Gava con gli uomini del Nucleo ecologico dei carabinieri. “Houdini” era il nome dato all’inchiesta che scoperchiò un sistema criminale per cui rifiuti tossici si trasformavano, magicamente, in rifiuti che potevano essere smaltiti senza particolari accorgimenti.
Parliamo di 200 milioni di chili di rifiuti “trattati” dall’impianto nel corso di un solo anno: se vogliamo immaginarceli si tratta, a spanne, di seimila camion allineati. Tra i clienti della Nuova Esa ditte importanti come la Breda sistemi industriali, la Recordati, la Montefibre o la centrale Enel di Fusina. I rifiuti furono spediti ad avvelenare mezza Italia, ma in particolare la Campania dove idrocarburi, fanghi tossici, plastiche e scarti di demolizioni navali, rifiuti di fonderie di ghisa, polveri e limature di alluminio furono gettati in cave senza nessuna precauzione. Un’inchiesta sui collaboratori campani della Nuova Esa prese il via al Tribunale di Napoli per concludersi nel 2015 con un nulla di fatto per intervenuta prescrizione. Nel settore dei rifiuti lavorava anche il padre di Francesco, Bruno Marchesin, che ha mosso i primi passi con la raccolta del ferro vecchio a Carpenedo, per poi impiantare lo stabilimento della Nuova Esa. Francesco subentra alla morte del padre nel 2002. Uscito con le ossa rotte da questa vicenda, Francesco Marchesin non si perde d’animo e apre con la famiglia e alcuni collaboratori un nuova società, la Bruneco in via Fratelli Bandiera, a fianco dell’entrata del centro sociale Rivolta, che finisce quasi subito in una nuova inchiesta guidata questa volta dal Corpo forestale dello Stato che mette in luce come la Bruneco e un’altra ditta, la Ecolando, avrebbero gestito tra il 2007 e il 2009 un traffico abusivo di oltre tre milioni di chili di rifiuti, soprattutto imballaggi, in partenza dalla sede della Bruneco e diretti all’impianto di smaltimento della Ecolando, a Sant’Angelo di Piove. Nel 2010 però arriva il colpo più duro con un nuovo arresto, sempre per traffico di rifiuti pericolosi, grazie a un’inchiesta della procura di Udine sullo smaltimento di rifiuti sanitari. Seicentomila chili di rifiuti speciali, tra cui farmaci scaduti, siringhe, cateteri, frammisti a terreno inviati senza trattamento a una discarica di Paderno del Grappa. Dopo questo arresto, Francesco Marchesin sembra voltare pagina e assieme alla moglie, aprono una pizzeria. Di lui negli ambienti investigativi non si sa nulla da anni. Ma delle sue imprese a Marcon si continua a parlare. Il 20% dei rifiuti rimasti nello stabilimento della Nuova Esa, al momento del sequestro, è ancora lì. Cascami plastici e idrocarburi la maggior parte. Già avviati a smaltimento, in due tranche, 510 mila chili, tra pentasolfuro, vernici, morchie, materiali chimici miscelati. La Regione Veneto stanziò due milioni per la bonifica, scattata nel 2012, e la maggior parte sono stati spesi. Tutti soci pubblici.
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