Infermiera abusata e picchiata dal marito. Il pm chiede 11 anni

L’ex, operaio di 38 anni di Vittorio Veneto, le controllava anche lo smartphone. La donna ora vive in una struttura protetta con i tre figli

Marco Filippi

Undici anni per l’ex marito e assoluzione per i suoceri, tutti inizialmente accusati di aver maltrattato rispettivamente la moglie e nuora, una 32enne, infermiera dell’Est Europa all’epoca dei fatti residente in provincia di Treviso, e ora con i tre figli in una struttura protetta per donne maltrattate fuori regione.

Sono le richieste del pm Davide Romanelli nella requisitoria del processo contro un operaio di 38 anni di fede mussulmana (difeso dall’avvocato Giuseppe Antoniazzi), e contro i due suoceri di 70 e 67 anni (difesi dall’avvocato Lorenza Secoli). Il difensore di parte civile, l’avvocato Enrico D’Orazio, ha chiesto invece un risarcimento di 250mila euro per la donna.

I maltrattamenti consistiti in violenze fisiche, abusi sessuali e pedinamenti andavano avanti dal 2014. Per quasi 8 anni la donna (parte civile con l’avvocato Enrico D’Orazio) li ha accettati in silenzio, piangendo spesso da sola, senza confidare a nessuno la sua prostrazione fino a quando, a fine dicembre 2021, non ha deciso di fare il grande passo e denunciare ai carabinieri il marito, un operaio dell’Est di religione musulmana, e i suoi suoceri.

Il pm Davide Romanelli contestava all’operaio dell’Est un episodio cruento, avvenuto l’11 dicembre 2021, quando, dopo aver concesso alla moglie l’utilizzo della tessera bancomat per acquistare in un centro commerciale un telefonino, con un pretesto se l’era fatto ridare al momento del pagamento ed era uscito dal negozio.

La moglie, che ne aveva chiesto la restituzione per procedere con il pagamento, era stata poi strattonata e trascinata in macchina per i capelli, dopo che aveva tentato inutilmente di trovare rifugio in un bar. Ma l’accusa è piuttosto articolata e parla di violenze domestiche frequenti che costringevano l’infermiera a uno “stile di vita tormentoso, mortificante e svilente”.

Come gli abusi sessuali (anche davanti al figlio di 15 mesi) che fu costretta a subire dopo che una foto di gruppo assieme ai colleghi fu pubblicata sui social oppure le violenze fisiche subite quando era incinta per presunti “errori” commessi nella pulizia della casa o nella gestione dei figli.

Le era anche proibito avere contatti con l’esterno ad eccezione di quelli riconducibili al suo lavoro d’infermiera in una struttura sanitaria. I contatti sul telefono venivano spesso controllati dal marito-padrone che le impediva anche di parlare con la sua famiglia d’origine. A dargli man forte i suoi genitori, suoceri della donna, almeno secondo l’accusa iniziale. Ma nel corso del dibattimento non sono emersi episodi di violenza chiari e per questo motivo il pm ha chiesto l’assoluzione dei due anziani. La sentenza il 12 settembre.

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