Lo scandalo delle indennità Rimborso chilometrico anche per i viaggi in treno

E' come con i dieci piccoli indiani di Agatha Christie: e poi non ne rimase più nessuno. In Consiglio regionale veneto, per dire il vero, ce n'era stato uno, ed uno solo; ma è sparito pure quello. Da qualche tempo a questa parte Massimo Giorgetti, Pdl, ha revocato il mandato all'ufficio di presidenza con cui autorizzava la trattenuta di 500 euro sulla busta paga: si vede che si era scocciato di essere stato il solo ad adeguarsi alla norma varata a suo tempo dal parlamentino di palazzo Ferro Fini. Tutto era cominciato con una legge del dicembre 2010, approvata all'unanimità, che prendeva di petto l'esigenza di ridurre i costi della politica. Più che una tagliata, a dire il vero, era stata una sforbiciata: una riduzione che all'atto pratico si era tradotta in un taglio compreso tra i 300 e i 500 euro, a seconda della carica ricoperta (presidenti di giunta e consiglio, vice presidenti, e a cascata fino ai peones), su un netto in tasca a fine mese mediamente di circa 10mila euro tra stipendio e indennità varie. In quell'occasione era stato introdotto un articolo specifico, in base al quale consiglieri e assessori avrebbero potuto volontariamente delegare l'ufficio di presidenza a trattenere una quota a propria scelta degli emolumenti percepiti, fino al limite dell'intera somma riscossa. Il presidente del consiglio regionale, Ruffato, aveva anche fatto predisporre dagli uffici uno schema apposito. Malgrado l'unanime e concorde volontà espressa nel voto, tuttavia, nessuno aveva dato seguito a quell'opportunità; tranne appunto Massimo Giorgetti, che aveva fatto giungere alla presidenza l'autorizzazione alla trattenuta di 500 euro al mese. Ne erano seguite polemiche varie, a seguito delle quali più d'uno aveva annunciato la propria scelta di devolvere in beneficenza una parte dello stipendio a destinatari di varia natura. Il che rimane una decisione privata, sulla quale non esiste tracciabilità e che ciascuno gestisce a propria discrezione, a differenza di un atto ufficiale gestito dall'istituzione. Sta di fatto che ad oggi nessuno dei 60 consiglieri usufruisce della possibilità offerta da una legge approvata da tutti e 60: perché a un certo punto anche Giorgetti si è scocciato di fare il beau geste solitario, e ha ritirato la delega. E' solo uno dei tanti capitoli relativi al grande filone della riduzione dei costi della politica. E che rimane restìo a una vera trasparenza, anche perché, a differenza del Parlamento, nel sito internet della Regione non esiste documentazione sul quantum. Alla voce «vademecum del consigliere», e nella sezione attività amministrativa, ben 7 pagine sono dedicate agli emolumenti, alle diarie, agli accessori; ma limitandosi alla parte teorica, e senza l'indicazione di una sola cifra che aiuti a capire quanti soldi entrino effettivamente nelle tasche dei singoli; operazione ancor più complicata dal fatto che la legge-madre in materia, varata nel 1997, è poi stata rivisitata più volte. Ma a spanne due conti si possono fare. Un consigliere, che in busta paga dichiara 120-130mila euro l'anno lordi, ne ricava alla fine circa 5mila netti al mese. Che diventano poco meno del doppio grazie a una serie di extra, tra diarie, rimborsi spese e simili. Ad esempio, esiste un rimborso chilometrico che arriva attorno ai 2.500 euro mensili per chi si muove dalle località più distanti, Verona e Belluno; cifra che viene intascata anche da chi si muove in treno, visto che non è necessario presentare alcuna pezza d'appoggio. E sempre mensilmente, per le missioni sul territorio regionale è previsto un rimborso pari al 25 per cento dell'indennità di carica lorda; e sono altri 2mila euro. E parliamo dei peones, che quasi non esistono: perché tra consiglio, commissioni, presidenti, vice, segretari e via elencando, un incarico (retribuito in aggiunta all'indennità base) non si nega a nessuno. A tutto ciò si aggiungono i benefit, dalla tessera di libera circolazione sulla rete autostradale veneta, al parcheggio gratuito a piazzale Roma, alla buvette interna dove un pranzo costa 15 euro. Sparita, dopo violente polemiche la vergogna del funerale a spese dell'ente per tutti, ex compresi. Restano tre domande: perché non viene abrogata la legge del 2010, visto che nessuno se ne serve? Perché il Consiglio non rende nota l'entità dei compensi dei suoi componenti, come fanno il Parlamento e qualche Regione? Perché i consiglieri non la smettono di limitarsi a ipotizzare il taglio dei costi della loro politica, e non li attuano davvero? Anche perché c'è un dettaglio non trascurabile di cui tener conto: le tasse, loro le pagano solo sui compensi percepiti come indennità di funzione lorda, arrivando cioè ai 5mila euro netti già ricordati. Tutto il resto, quasi altrettanto, è esentasse trattandosi di rimborsi e diarie. E anche questo fa la differenza rispetto al comune cittadino. Quello accusato di cavalcare l'antipolitica.
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