Leghisti veneti, i più antigovernativi

Successione a Bossi: Maroni la spunta di un soffio su Zaia. Tosi in ombra
In basso il governatore del Veneto Luca Zaia e il sindaco di Verona Flavio Tosi: bossiano il primo, maroniano il secondo, sono gli esponenti del Carroccio di maggior spicco nella nostra regione
In basso il governatore del Veneto Luca Zaia e il sindaco di Verona Flavio Tosi: bossiano il primo, maroniano il secondo, sono gli esponenti del Carroccio di maggior spicco nella nostra regione
VENEZIA. I leghisti veneti bocciano di un soffio (51% contro 49%) l'apertura della crisi di Governo ma vogliono che il Carroccio affronti le prossime elezioni in solitudine: a caldeggiare la fine dell'alleanza con Berlusconi è il 59% degli interpellati. Lo rivela un sondaggio dell'«Espresso» (oggi in edicola) nella base del Carroccio.


La rilevazione (estesa anche a Piemonte e Lombardia) conferma come, in questa fase, i veneti rappresentino l'ala più irrequieta e antigovernativa del movimento padano, la più delusa dalle mancate riforme, la più irriducibile alla prospettiva di perdere i consensi popolari raccolti nella lunga stagione di lotta e di governo. Pulsioni emerse già nell'incontro di Pontida e precedute dalle polemiche dichiarazioni dei leader (trevigiani in particolare) a cavallo tra test amministrativo e referendum. Indicative anche le risposte ai quesiti sulla successione a Umberto Bossi, fino a ieri indiscusso lider maximo e oggi bersaglio di critiche crescenti: Roberto Maroni, era facile prevederlo, ottiene ovunque il primato dei consensi; ma se nel Carroccio lombardo e piemontese il ministro degli Interni raccoglie un plebiscito, in terra veneta supera di un'incollatura appena (39% versus 37%) il governatore Luca Zaia. Analogo esito per ciò che riguarda l'erede del Cavaliere alla guida del centrodestra: via libera a Giulio Tremonti ma con un entusiasmo (41%) limitato rispetto agli altri «popoli» fratelli.


Riaffermata, così, la leadership territoriale che Zaia vanta nel territorio e nel bacino elettorale "padano" a fronte del competitor interno Flavio Tosi. Il sindaco di Verona, di fede maroniana, si è ritagliato quote crescenti di popolarità mediatica ma non sembra in grado, al momento, di scalzare il governatore né il potente segretario Giampaolo Gobbo. Nei mesi scorsi la corrente Tosi/Maroni ha conseguito buoni risultati congressuali - conquistando la maggioranza a Vicenza e a Verona, in attesa di sferrare l'attacco a Padova - tanto che negli ambienti leghisti è circolata la voce (smentita peraltro dallo stato maggiore) di una richiesta di commissariamento del partito veneto avanzata da Rosi Mauro, la pasionaria bossiana timorosa di un ulteriore rafforzamento maroniano nella regione più "verde" d'Italia.


Un'avvertenza: ai congressi della Lega non votano i semplici iscritti ma soltanto i «militanti» (status che richiede anzianità di tessera e "buona condotta"). Una circostanza insolita, che accresce il peso "interno" dell'assise ma non lo fa, necessariamente, coincidere col gradimento dei simpatizzanti esterni e dell'elettorato.

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia