La lunghissima notte del pontein una città col fiato sospeso
Prudenza. Così, come un elefante molto educato in una cristalleria, la chiatta con i due conci laterali del quarto ponte sul Canal Grande era atteso per l'avventura più prudente della sua vita. Acqua immobile, traffico bloccato, barche spostate, approdi tolti, vaporetti Actv dirottati altrove. Il Canal Grande come doveva essere due secoli fa in un giorno di estrema pigrizia. Però la tabella di marcia era da sfinimento: sette ore per percorrere quattro chilometri, quindi a una velocità che nemmeno una lumaca, con una folla di ingegneri, tecnici, operai, esperti, scrutatori di maree e controllori di centimetri che la cullavano come un bebè.
Chi c'era. L'assessore ai lavori Pubblici Mara Rumiz, aveva annunciato che avrebbe seguito le operazioni da Ca' Farsetti insieme all'ingegnere capo Salvatore Vento e, presumibilmente, insieme al sindaco Massimo Cacciari che però all'ultimo momento avrebbe anche anche potuto saltare sul motoscafo della polizia municipale per stare col naso incollato alla Susanna.
A Marghera. Però la lunga notte di Calatrava, in realtà, era iniziata al mattino quando i due conci nudi e crudi, cioè solo con l'anima in acciaio, erano stati presentati alla banchina della Vecon a Porto Marghera, già belli e impacchettati per il lungo viaggio verso Piazzale Roma. Li presentava la Cignoni, che li ha costruiti, e li trasportava la Fagioli, che in genere porta a spasso per il mondo robe molto più pazzesche però mai, finora, in Canal Grande.
Agitazione. Per questo erano tutti un filo agitati anche se, siccome parlare di rischio non porta bene, tutti dicevano che sarebbe stata un'operazione «complessa», o anche «delicata», o meglio «unica», come «andare sulla luna», però questo era un po' esagerato. Certo un'operazione inedita e che i soliti gufi dicevano che non avrebbero mai visto perchè i rinvii sul ponte di Calatrava sono stati di una perseveranza assoluta. Undici anni (e oltre dieci milioni di euro) per un'opera che in Cina avrebbero fatto in tre mesi e alla metà del costo.
I «gioielli». Così, la Cignoni ha voluto mostrare ieri mattina i suoi gioielli in partenza, quelli più piccoli. Due conci che sembrano un dorso di dinosauro montati su due carrelli dotati ciascuno di otto coppie di ruote che permettevano qualsiasi movimento di rotazione e traslazione. I due carrelli sono stati poi affondati nel ventre della Susanna che ieri mattina era lì, spaparanzata sotto il sole che scioglieva l'asfalto, mai così tanto fotografata e soppesata.
La partenza. La partenza da Porto Marghera era prevista alle 21 e, a quell'ora, in qualche palazzo sul Canal Grande c'era già qualche festa. Chi era a Santa Maria del Giglio ha spento la luce prima. Chi era a San Stae ha quasi fatto l'alba. Chi non c'era ieri sera potrà rifarsi tra quindici giorni.
L'arcata. Tra quindici giorni i due pezzi di ieri notte sembreranno un'inezia. Tra quindici giorni toccherà al pezzo centrale, che è una sleppa di sessanta metri. Per passare e girare sotto il ponte di Rialto ci metterà quattro ore e mezzo, il doppio rispetto al tempo previsto ieri sera per i fratelli più piccoli e Susanna - sotto un carico di 344 tonnellate - affonderà nelle acque del Canal Grande fino a nove centimetri dal fondo.
Attesa. Ma per dire che il ponte è ponte bisognerà aspettare ancora quattro mesi. Dopo la posa dello scheletro, bisognerà rivestire i gradini con lastre di vetro temprato; si dovrà foderare la pavimentazione con la pietra d'Istria, toccherà mettere l'illuminazione dal basso verso l'alto, che al computer sembra bellissima. Il ponte di Calatrava non sarà mai fermo. D'estate si allungherà di cinque centimetri e d'inverno, come accade col freddo anche nel mondo animale, si ritirerà.
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