Il mistero degli isolotti che bruciano nella laguna di Venezia

Prima un incendio divampato vicino a Punta Fusina in cui sono andati bruciati tre ettari di terreno, poi fiamme anche tra le casse di colmata. A bruciare sono sempre sterpaglie che richiedono l’intervento dell’elicottero dei pompieri. Le cause? Nessuno le sa

Giacomo Costa
L'isolotto a fuoco tra punta Fusina e l’isola dei Maltesi nella laguna di Venezia
L'isolotto a fuoco tra punta Fusina e l’isola dei Maltesi nella laguna di Venezia

Il fuoco si è mangiato quasi tre ettari, poi gli sono piovuti sopra più di 27 mila litri d’acqua, sganciati in volo dall’elicottero del 115, unico mezzo capace di intervenire in quel tratto di laguna inaccessibile tanto alle auto quanto alle barche. In un’ora - e dopo 34 passaggi del Drago 154 dei vigili del fuoco - l’incendio era stato domato, il fumo bianco disperso abbastanza in fretta da non aver causato problemi alle rotte aeree dei voli da e verso il Marco Polo. Ma il rogo divampato mercoledì mattina, 23 luglio, intorno alle 10, in un isolotto tra punta Fusina e l’isola dei Maltesi rilancia il rischio di ogni estate, quello delle fiamme che corrono lungo le sterpaglie, e che in laguna possono essere difficili da contrastare.

«La cosa positiva è che, tutto intorno, l’acqua per innaffiare il fuoco non manca di certo», sorride il comandante provinciale dei pompieri, Carlo Metelli: per lui, che per tre anni ha diretto il nucleo nazionale Canadair, episodi come quello di mercoledì mattina sono complessi, ma certo non impossibili.

«Nel 2014, in Friuli, abbiamo dovuto combattere un incendio in quota durato dieci giorni: dieci giorni di sorvoli, lì dove non poteva arrivare nessun altro. Ma ogni rogo, in realtà, andrebbe sempre spento da terra, solo così si può essere davvero sicuri che non restino braci dormienti».

L’incendio al largo di Fusina, comunque, resta un mezzo mistero: «Potrebbe quasi essere un caso di studio: lì, dove è difficilissimo arrivare se non con barche a fondo piatto, piccole, è difficile ipotizzare un origine colposa. E’ quello che succede spesso in montagna, ovvero gli inneschi causati dai fulmini temporaleschi che scaricano a terra e trovano legno e fogliame, qui non capita mai. Potrebbe esserci stato un coccio di bottiglia, una lente di occhiale, un vetro che abbia concentrato i raggi del sole. Una fatalità improbabile, non impossibile».

Metelli spiega che, nel Veneziano, gli incendi di sterpaglie sono comunque un problema contenuto: «Rispetto ad altre zone d’Italia i campi qui sono ben mantenuti, ci sono i rostri tagliafuoco proprio per impedire che le fiamme corrano dalle erbacce fino alle coltivazioni. Resta il problema per le isole della laguna, dove la natura è più selvaggia e, appunto, non è semplice neppure arrivare con i mezzi d’emergenza».

Le raccomandazioni per scongiurare incidenti sono comunque validi e da tenere a mente soprattutto in questi mesi caldi: «Niente falò per pulire i campi, attenzione al barbecue, ovviamente niente mozziconi, specie se lanciati dall’auto in corsa. E manutenzione costante, dove è possibile».

Nel pomeriggio di mercoledì, sempre davanti a Fusina, tra le casse di colmata, un secondo rogo è divampato in un’isola vicina: di nuovo si è alzato l’elicottero, questa volta con il sostegno delle barche. Un tizzone volato e riacceso, forse, oppure davvero il gesto di qualche sprovveduto.

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