Il giudice-scrittore Mastelloni debutta nel noir

Il magistrato di Venezia frima 'Il filo del male' ambientato nella Trieste degli anni ’50. "Credo - dice - che dopo anni di lavoro si debba cercare di dare sfogo anche ai propri momenti creativi"
Carlo Mastelloni
Carlo Mastelloni
VENEZIA.
Vengono in mente Carofiglio o De Cataldo, ma in realtà di magistrati che scrivono romanzi ce ne sono sempre stati, anche nel passato. E allora nessuna sorpresa se Carlo Mastelloni, Procuratore della Repubblica aggiunto a Venezia, ha deciso di diventare anche scrittore, facendosi affiancare in questo esordio letterario da Francesco Fiorentino, che per molti anni ha insegnato Letteratura francese a Ca’ Foscari ed ora insegna invece a Bari.


VENEZIA
«Credo che dopo anni di lavoro si debba cercare di dare sfogo anche ai propri momenti creativi - dice il magistrato - altrimenti si rischia l’uggiosità. Con Francesco ci conosciamo da moltissimi anni, eravamo a scuola insieme, e ci siamo detti che scrivere a quattro mani poteva servirci, perché ci saremmo controllati a vicenda. E così è stato. Abbiamo discusso, abbiamo litigato, ma alla fine siamo contenti del risultato».


Il risultato è Il filo del male (Marsilio, pp. 176, euro 14) che sarà in libreria a partire da oggi. Un giallo, verrebbe da dire, anche se a Mastelloni le etichette stanno un po’ strette. «Capisco - dice - che sia utile definire dal punto di vista narratologico l’appartenenza di un libro ad un genere come il giallo, il noir o qualcos’altro, ma penso che quello noi abbiamo scritto sia semplicemente un romanzo». Un romanzo che parte da un delitto e su cui sono chiamati ad indagare polizia e servizi segreti. «Spero che il lettore trovi la storia appassionante - dice il Procuratore - ma a noi interessava raccontare soprattutto la storia di un uomo che ha combattuto, che ha visto e subito torture, che ha ucciso ma crede che una volta finita la guerra il male sia estinto. Scopre invece che il male è rimasto, non si può estinguere, anche se ora è meno appariscente».


Un personaggio che un po’ risponde alle caratteristiche dell’eroe e un po’ a quelle dell’antieroe dal punto di vista narrativo. «Il nostro protagonista è antipatico - dice Carlo Mastelloni - è un uomo risoluto, deciso, ma anche tormentato, colto, che non ha fatto completamente i conti col suo passato». Ed è anche un agente dei servizi segreti, e viene da pensare, allora, ad alcune delle inchieste condotte da Mastelloni come magistrato: «Ho cercato - dice - di non approfittare del mio lavoro. Il personaggio non assomiglia a nessuno dei tanti agenti che ho interrogato, anche se alcuni suoi tratti possono essere il frutto della mia esperienza. Io sono curioso e il mio lavoro mi ha fatto incontrare facce, osservare tic, sentire storie. Tutto questo ha contribuito al racconto, che però è totalmente un’invenzione».


Anche perché è ambientato negli anni cinquanta e in una Trieste in cui Mastelloni non ha mai lavorato. «Amo molto Trieste come città - dice - e da quando, ormai molti anni fa, mi sono trasferito in Veneto ci vado spesso. La sua atmosfera mi è sembrata giusta per raccontare questa storia. Perché è una città di porto, di scambi, di intrecci, di confini».


Ed anche - racconta il libro - una città di traffici, di lobby, di comitati di affari. «Ci interessava raccontare uno scenario particolare - continua Carlo Mastelloni - e la Trieste degli anni cinquanta, quella degli anni della ricostruzione, ci è sembrata il posto giusto, per il peso di una guerra non ancora del tutto conclusa, le ferite del passato aperte, una situazione internazionale di forte tensione, col ricordo del fascismo da un lato e della minaccia titina dall’altro».


Ed in effetti nel libro c’è il sentore anche di qualcosa che sarebbe venuto poi. «Il romanzo racconta una storia - dice l’autore - ma ad un secondo livello si possono trovare anche alcuni degli elementi che hanno caratterizzato la storia italiana. Nei personaggi che ruotano intorno all’esoterismo fascista si può intravedere, per esempio, quella che sarà negli anni sessanta la stagione del terrorismo».


Inutile però cercare in questo romanzo una storia sotterranea d’Italia. Anche se anche qui i servizi segreti nascondono, mascherano verità. «Le verità ufficiali - dice Carlo Mastelloni - hanno sempre doppi o tripli livelli. Tanto più li avevano negli anni cinquanta, in una democrazia giovane come era quella italiana ed in una zona non del tutto pacificata come era quella al confine orientale».


Se si chiede al Procuratore se questo libro segna l’inizio di una nuova carriera, la risposta è una risata. «Questo dipende dai lettori - dice - comunque assicuro che il libro l’ho scritto nel mio tempo libero, senza nulla togliere al lavoro di magistrato».

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia