Il giorno di Veltroni:"Cultura, serve più impresa"

Il leader in pectore del Pd ha scelto Venezia per affrontare l'argomento che gli sta più a cuore. E' la cultura il tema della convention dello Iuav ai Tolentini. Dalla facoltà di Architettura il leader in pectore del Pidì lancia il programma culturale del partito. Al suo fianco Dario Franceschini, Francesco Rutelli e Massimo Cacciari
VENEZIA. Veltroni ha scelto Venezia per affrontare l'argomento che gli sta più a cuore. Sarà la cultura il tema della convention in programma stamattina nell'aula magna dello Iuav ai Tolentini. Dalla facoltà di Architettura il leader in pectore del Pidì lancerà il programma culturale del partito. Al suo fianco ci saranno Dario Franceschini, Francesco Rutelli e Massimo Cacciari.

Sarà l'occasione per valutare in che misura la politica culturale rappresenterà un momento centrale del partito che verrà.

Veltroni parte dalla consapevolezza che «la cultura è una risorsa strategica primaria per la crescita del nostro Paese».


Non solo «per un Paese come l'Italia», ragiona il leader del partito Democratico, «la cultura rappresenta un'irripetibile opportunità di progresso culturale e sociale, e di sviluppo economico. Un sistema culturale solido, vitale e diffuso contribuisce all'accrescimento della capacità innovativa e del grado di competitività dell'intero sistema economico italiano, e all'aumento del benessere degli individui e della comunità nazionale».

Veltroni, snocciola le cifre che dimostrano come l'Italia resti uno dei fanalini di coda nella politica d'investimento culturale.

«L'Italia», osserva, «ha una spesa pubblica nel comparto culturale che è inferiore allo 0,9 per cento del Pil, contro un valore di 1,4 per cento del Pil per Paesi come Francia e Spagna. Nel processo di riequilibrio della spesa pubblica in corso in questi anni è necessario aumentare le risorse portandole almeno al livello di questi paesi».


Come? Non sarà un'operazione semplice invertire la tendenza, ma Veltroni indica la rotta da seguire che dovrà portare ad una graduale autonomia delle istituzioni culturali.

Dice il sindaco di Roma: «L'amministrazione pubblica è troppo coinvolta nella gestione diretta o indiretta delle istituzioni culturali e troppo poco nel monitoraggio e nella valutazione dei risultati prodotti dai finanziamenti pubblici».

Bisogna quindi avere il coraggio di rivoluzionare il sistema: «Occorre invertire questa tendenza», ribadisce Veltroni, «dare autonomia e imprenditorialità alle organizzazioni culturali introducendo sistemi di valutazione per massimizzare gli effetti dei finanziamenti pubblici nel settore».

Ma il vero investimento su cui puntare per rilanciare la politica culturale del Paese sono i giovani. Veltroni ne è fermamente convinto: «Uno snodo fondamentale per lo sviluppo della cultura», sottolinea, «è costituito dalle nuove generazioni, che vanno incoraggiate e garantite con adeguati percorsi formativi, e con reali opportunità di accesso al mercato del lavoro artistico e culturale. Uno dei grandi limiti nel processo di sviluppo del settore negli ultimi anni è derivato proprio dall'impossibilità di accesso dei giovani, con il conseguente impoverimento dell'offerta, incapace di adeguarsi alle nuove richieste del mercato».

Considerare i giovani al centro del sistema culturale, non costituisce solo scelta di opportunità. Ma più in generale la cultura è un diritto di ogni cittadino e un dovere per lo Stato.


«L'azione pubblica di sostegno e promozione deve mirare alla diffusione delle pratiche culturali presso un pubblico sempre più esteso», insiste il futuro leader del Pidì, «al rafforzamento dei mercati dell'arte e della cultura, allo stimolo nei confronti della creatività, al rafforzamento della filiera del turismo culturale, all'accrescimento dell'autonomia culturale, gestionale e finanziaria delle organizzazioni culturali, adottando criteri trasparenti, meccanismi semplici e diretti, misurandone i risultati».

Insomma, per Veltroni, l'intervento pubblico «deve ridurre le disuguaglianze della distribuzione dell'offerta territoriale del nostro Paese, invertendo una deriva di concentrazione dell'offerta nei luoghi già più forti. Il sistema culturale italiano è ancora poco in sintonia con le aspettative e i bisogni della collettività».

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