Il crollo dei mercati spinge Ifis
Boom dovuto al sistema di gestione crediti e factoring basato sulle pmi

Giovanni Bossi e Sebastien von Furstemberg. Sopra, villa Marocco
VENEZIA.
Se ci si reca sul Terraglio, tra le ville che dal cinquecento in poi la nobiltà veneziana costruì per abitare in campagna e seguire i suoi investimenti agricoli, risulta ben difficile pensare che in una delle più antiche abbia oggi sede una banca. Eppure tra velluti, stucchi dai colori pastello, giardini e architetture restaurati da mani sapienti di villa Marocco si è tenuto pochi giorni fa un convegno dedicato alle imprese nordestine che, con i chiari di luna che stanno passando i mercati, a prima vista sembra ancora più fuori del tempo. Tema: hai mai pensato di andare in Borsa? A promuoverlo, l'Ifis, la banca fondata a inizio anni '80 da Sebastien von Furstenberg, erede di casa Agnelli, che proprio qui, nella villa dei genitori che fu regalata dal fondatore della Fiat per le nozze di sua figlia Clara con Tassilo von Furstenberg, ha voluto la sede della banca. Fuori da questa sorta di oasi, impazza la tempesta sulle banche e una crisi del mercato finanziario che taglia la liquidità e rende difficile, se non impossibile, il mestiere di dare credito. Nella bufera di Borsa Ifis, non se l'è cavata neanche tanto male, se si pensa che ha alle spalle un aumento di capitale promosso l'anno scorso per lanciare un'Opa di acquisto su Toscana Finanza e la sua controllata Fast Finance, società specializzate nell'acquisto e la gestione di crediti fiscali, finanziari e commerciali di difficile esigibilità. La gestione dei crediti e del factoring è il core business della banca, la ragione un po' della sua nascita e quella della sua crescita in un mercato, come il Nordest, fatto soprattutto di piccole e medie imprese. Sebastien Von Furstenberg, che la fondò nel 1983, era allora infatti il cervello finanziario di Americanino, società che produceva e distribuiva jeans per i paninari anni '80. E da quegli anni coltivò l'idea di una banca specializzata nei finanziamenti alle piccole imprese basati sui crediti che queste vantano nei confronti dei clienti, una struttura manageriale e uno sviluppo fortemente orientati su questo mercato. «Abbiamo più di 3.000 clienti e la dimensione media è di aziende con fatturati di 10-20 milioni e più di ogni altro possiamo dire che finanziamo davvero il lavoro dell'azienda, il mercato del factoring, che è soprattutto per grandi aziende, noi lo abbiamo applicato soprattutto ai piccoli» dice Giovanni Bossi che dal 1995 è amministratore delegato della banca di cui detiene anche un pacchetto di azioni. E si capisce perché negli ultimi tempi c'è stato un vero e proprio boom di questo mercato. Le imprese vi ricorrono per avere liquidità a tassi più convenienti rispetto al sistema bancario, le grandi banche, che fino a poco tempo fa preferivano non fare concorrenza alle filiali nel mercato del credito, stanno oggi dirottando su questo mercato molti clienti perché è un modo di dare credito con un rischio più contenuto. «E le grandi banche non hanno strutture specializzate come le nostre per le piccole aziende, noi da anni facciamo questo mestiere e abbiamo un team di persone specializzate» dice ancora Bossi. In questo mercato, dominato dalle sezioni dedicate al factoring delle grandi banche (da Intesa a Mps e Unicredit) Ifis tiene un sesto posto in graduatoria. A fine 2010 i crediti gestiti dal gruppo erano pari a 4,8 miliardi con una crescita media degli ultimi 10 anni del 23%. Nei primi mesi del 2011 la crescita è stata del 5%. Fa parte di questa crescita un'espansione all'estero che ha portato il gruppo nell'Europa dell'Est, - Romania, Polonia, Ungheria - dietro alle piccole imprese e ai loro fornitori e perfino in India con una joint venture con la Punjab National Bank per lo sviluppo del factoring. «Riusciamo a praticare una sorta di cross border in un campo dove spesso le banche non riescono a comunicare da un paese all'altro» dice Alessandro Csillaghy, mestrino di padre ungherese che è oggi vicepresidente della Banca. Naturalmente pesa anche per Ifis la difficile situazione nel campo della provvista di liquidità di questi tempi, anche se nel luglio del 2008, nel piano della crisi Lehman, la banca ha varato un conto deposito on-line ad alto rendimento, Rendimax, che è l'investimento più redditizio nell'ambito della categoria e costituisce, con 33.000 clienti e una raccolta di 1,4 miliardi, la fonte principale di raccolta. Adesso la banca sta chiudendo l'Opa su Toscana Finanza, che le fa estendere il campo operativo nella gestione dei crediti di difficile esigibilità, un'acquisizione da digerire con una Borsa che ha fatto sparire le banche più piccole dai radar degli investitori istituzionali e sottostima, come per tutto il settore finanziario, i valori di patrimonio. Ma, fiduciosi in un semestrale che ha visto una crescita degli utili e della redditività, i vertici Ifis vanno avanti convinti che prima o poi la storia dei prossimi mesi gli darà ragione. Del resto la villa Marocco guarda dall'alto le difficoltà del mondo: lo studio Radetzky ha visto passare pezzi di storia, come la firma del trattato di resa di Venezia all'Austria.
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