Fischi, urla, cartelli In curva al Taliercio gli ultras dell’alluvione
Nel turbinio delle contestazioni la rappresentante di Carpenedo Nord costretta a stare zitta E si imbavaglia
MESTRE. C'è una sola cosa che accomuna il popolo del Taliercio, la massa di cittadini che ieri non si è voluta perdere il consiglio comunale sull'alluvione: tutti non sono intenzionati a fare sconti a nessuno. E allora, diciamolo subito, scatta ogni possibile inquadramento, tipo destra contro sinistra, o più sinistra contro sinistra. No, perchè il popolo che ieri al Taliercio ha fatto sentire tutto il suo malumore ha rappresentato davvero un movimento trasversale. Perchè se c'è chi ricorda a Cacciari che dovra fare i conti con il Padreterno, sdraiati sui gradoni ci sono i ragazzi con la capigliatura rasta. C'è la signora con il foulard vezzoso avvolto attorno al collo, con il golfino di lana, alzi la testa e ne vedi un'altra avvolta nella bandiera NoMose
Tutti arrabbiati, anzi incazzati. Che magari non è fine, ma rende meglio i sentimenti della gente
Torcida.
Visti sui gradoni del Taliercio, da distanti sembrano tifosi accorsi al palazzetto per una sfida sportiva. Avvicinandosi la differenza si nota. Prima che il consiglio inizi parlano di altro, della via ferrata da fare la prossima estate o del libretto rosso di Mao, che un tizio assicura di possedere in una rarissima edizione in lingua francese. Poi si comincia, come da prassi, con l'appello nominale. E si scatena la Torcida. Come succede quando lo speaker declina i nomi degli avversari, che subito vengono subissati di fischi, quando la gente sente chiamare i singoli consiglieri risponde con un secco «colpevole!», accusa che sale ancora più potente quando viene chiamato il nome di Cacciari. C'è anche spazio per l'ironia, al momento della chiamata del consigliere Pepe dalla gradinata parte un «...e sale!»: accosatamento gastronomico, molto apprezzato,
Parla Cacciari.
Quando il sindaco attacca il suo discorso, i cittadini restano per un attimo in silenzio. Non piace il passaggio sugli interventi dei Vigili del Fuoco, tanto che scatta subito un «vergognati». Cacciari decide di affrontare i problemi di Malcontenta, e qualcuno commenta con «manco mal», un attimo dopo si parla di Vesta e l'ondata di disapprovazione si alza verso la volta del palasport. C'è poi chi, parlottando fitto fitto con la vicina di gradinata, se la prende con la formazione culturale di Cacciari: «Non è in grado di far niente, è un filosofo e basta!». Il sindaco, però, incassa un parziale successo quando dichiara di voler limitare le nuove costruzioni: parte l'applauso. Ed è l'unico convinto che gli tributa la cittadinanza.
La parola ai comitati.
Detto che ai quattro presidenti di Municipalià va decisamente meglio (applausi per tutti, in particolare per Panciera di Marghera), anche il prefetto Guido Nardone incassa la sua dose di contestazione. Poi tocca ai rappresentanti dei comitati, e qui entra in gioco uno strano meccanismo. Anche loro, infatti, possono essere oggetti di critica. Basta poco, ad esempio chiamare «signor sindaco» Massimo Cacciari. Il rispetto della forma, però, è osservato da quasi tutti, più dura stare dentro ai cinque minuti di tempo (scanditi sul display) concessi per ogni intervento. E allora ci sta anche qualche sforo, anche una punta di tensione. Chiedere a quel rappresentante che, una trentina di secondi dallo scadere dei 5 minuti, si è sentito dire «chiuda!». Risposta dell'oratore secca e grintosa: «Ma come, ho perso la casa e tu mi dici di chiudere il mio intervento!».
Guerra di parole.
Complimenti per la costanza a quel cittadino che, per un bel pezzo, è rimasto in piedi con appeso al collo un enorme cartellone. Messaggio inequivocabile: «Dopo il secondo disastro, sindaco Cacciari paga di tasca tua e dimettiti». Un altro cartello, questo appeso alla balaustra, chiede al primo cittadino di pagare in un altro modo: «L'aeroporto non si tocca, sindaco Cacciari paga di tasca tua», chiaro riferimento alla proposta del primo cittadino di cedere le quote di Save controllate da Ca'Farsetti. E non è detto che per lanciare un grande messaggio ci voglia un grande striscione. Quando prende la parola un rappresentante di Marghera, sulla gradinata spuntano tanti fogli formato A4: «No Mose, per non finire come New Orleans» e «Il Mose affoga la terraferma» due degli slogan lanciati.
L'esclusa.
Nel turbinio di parole, accuse e contestazioni, c'è anche chi è rimasto zitto. Antonia Zambelli, rappresentante del comitato allagati Carpenedo Nord, si è vista esclusa dal gruppo di persone autorizzate a fare un intervento. L'estromissione non è piaciuta, e così si è fatta ritrarre con il bavaglio davanti alla bocca. La signora, carte alla mano, ricorda che aveva chiesto di parlare seguendo la procedura e rispettando i tempi previsti. «Quello che più mi amareggia», dice, «è che nessuno ha potuto raccontare la situazione della parte nord di Carpenedo».
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia
Leggi anche
Video