Storie di malessere economico: «Al supermercato la spesa è aumentata 50 euro a settimana, bisogna fare rinunce»
Inchiesta su consumi e modello veneto. La storia di Luca Degli Esposti, trevigiano di 48 anni, impiegato in un’azienda manifatturiera. «Si va meno al ristorante, e le vacanze si fanno con altre famiglie per risparmiare»

«La stessa spesa settimanale ti costava 200 euro tre anni fa, invece ora ne paghi 250».
Luca Degli Esposti, 48enne di Treviso, trova una sintesi efficace per riflettere sul tema del potere d’acquisto eroso dal carovita. Sposato con tre figli, è dipendente di un’azienda del manifatturiero: impiegato con competenze informatiche. E, per le vacanze, risparmia, condividendo l’affitto delle strutture con altre famiglie. Degli Esposti, la cartina al tornasole del carovita?
«Al supermercato, quando fai la spesa della settimana. Siamo in cinque, spesso compriamo anche per sei o sette, contando nonni o amici che magari abbiamo ospiti a cena. Mi riferisco solo all’alimentare: carne, frutta, verdura. E se qualche anno fa bastavano 180-200 euro, ora sotto i 250 non te la cavi. Cerchi di mantenere lo stesso tenore di vita, perciò devi prestare più attenzione alle offerte. Purtroppo è aumentato un po’ tutto. E all’aumento dei generi alimentari non è seguito un parallelo aumento dei salari».
La parola aumenti ritorna ogni volta. «A me ha stupito anzitutto dover pagare di più per i generi di prima necessità. Penso a pane, latte, uova. Ricordo che una volta con 1,50 euro portavi a casa un sacco di pane. Dirò di più: qualche panino rimaneva anche per i giorni successivi. Oggi, con la stessa cifra, ti danno un sacchettino che basta solo per la giornata. E intendo panini al latte e di grano duro, non pagnotte particolari. Il pane è genere di prima necessità, non ti aspetteresti una situazione così».
Ma non solo.
«Ho notato pure tachipirina e integratori, per non parlare della benzina. Ma quella è una questione che c’è da anni».
E quindi si fanno rinunce.
«Oggi si paga molto di più anche per il ristorante. E se un tempo ci andavi una volta al mese, ora due l’anno».
Le vacanze?
«Si può rinunciare a un benessere psicofisico? No. Così mi affido ad Airbnb, cerco il last minute, l’offerta più economica. E, a volte, si organizzano anche vacanze con altre famiglie. Così si condividono i costi delle strutture e le spese per il mangiare. Invece dell’albergo, trovi una soluzione che permette di stare via più tempo e a cifre inferiori. La rete delle famiglie può aiutare nella gestione delle spese in questo momento storico». Ma ci sono altre strategie per risparmiare». «Facile suggerire di prestare attenzione agli sconti, fare la spesa al supermercato. Secondo me, in una fase in cui il potere d’acquisto si sta esaurendo, sarebbe utile poter contare su corsi per risparmiare. Se non ci pensano le istituzioni, potrebbero fare qualcosa le associazioni del terzo settore».
Quando ha iniziato a notare la riduzione del potere d’acquisto?
«Nel post-Covid. Qualche anno fa, avevo messo in conto di riuscire ad accantonare ogni mese 200-300 euro. Pensando alle spese future per i figli, scuole superiori e università: il più grande frequenta quest’anno la terza media. Invece mi sono accorto che quella cifra non riesco più ad accantonarla. Quello che arriva in busta paga, basta per vivere. Sperando di non avere problemi con gli elettrodomestici...».
Una riflessione.
«Noi riusciamo anche a gestire le spese, grazie ai due stipendi. Ma sappiamo che ci sono famiglie che hanno difficoltà. E lo vedi dalle piccole cose: la rinuncia alla gita scolastica del figlio», per esempio.
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