E Tinto si autocelebra rincorrendo Onan

Stasera i suoi quattordici minuti scandalosi. «E’ l’ipocrisia la vera volgarità»
«L’impressione è che a questa mostra del cinema manchi carne fresca, troppe fighe vecchie». Così la pensa Tinto Brass ed esterna il suo pensiero tra un sorriso sornione e una tirata di sigaro. Lui comunque c’è, quest’anno in veste di presidente di giuria per il Queer Lion Award, per scegliere il miglior film del mondo gay, lesbo e trans e su questo argomento ha ovviamente da dire la sua: «E’ una materia mortificata da una serie di pregiudizi e forse adesso è il caso di demistificare il tutto». Commenta poi che molti di quei pregiudizi fuorvianti sono nati dagli intellettuali e dalla chiesa cattolica, che «ha un’architettura perfetta di potere ma ha il suo punto debole nella morale sessuale». Una vera «mostra di libertà» è invece secondo lui lo Short Film Festival, in scena all’isola di San Servolo, ed è lì che martedì sera presenterà Kick the cock, ovvero quattordici minuti che definisce «un vero gioiello», una storia di oniriche e pazzesche fantasie erotiche.


Protagonista sarà proprio lui, che da dietro una vetrata per rendere il tutto più velato, si dedicherà all’autoerotismo e, col suo candore fanciullesco, ammette di essersi molto divertito. Racconta poi del film che uscirà fra poco, Ziva, con Caterina Varzi quale protagonista femminile. «E’ la priorità dell’erotismo sull’eroismo - racconta Tinto - ossia la storia di un uomo che, tornato dal fronte della seconda guerra mondiale nella sua isoletta della Dalmazia, trova la sua donna a letto con tre naufraghi». Ma a dispetto di quanto potrebbe sembrare, Ziva è una dolcissima storia d’amore a lieto fine, un apologo sull’intelligenza e la vitalità delle donne, intese come il segreto per cambiare il mondo.


E proprio con lei, Caterina, Tinto ha ritrovato la joie de vivre dopo la morte qualche anno fa dell’amatissima moglie. Un incontro casuale, che si è poi tramutato in feeling personale e lavorativo. Che potrebbe anche sfocirae, si sussurra, in matrimonio. E la notizia è che lui, il guru del fondo schiena, con la sua nuova musa decisamente prosperosa accanto, si è ricreduto anche sul valore delle tette, prima viste solo come oggetto utile all’allattamento e non di piacere. Non molla comunque il suo grande amore, quella parte del corpo di cui scrisse anche un elogio, ovvero il culo, a cui riconosce essere sinonimo di bonheur, di felicità e fortuna. E parlando con lui scopri che è un uomo positivo, solare, che non sopporta i depressi specialmente quando hanno tutto quello che un comune mortale neanche si sogna, che parla con tenerezza dell’innocenza dell’amore fra i ragazzini e invece con malinconia della crisi dell’uomo, che non vuole deporre le armi ma che è sopraffatto della consapevolezza di sé che hanno acquisito le donne. E a chi lo critica per il suo esprimersi troppo esplicito su quel che lui considera «la cosa più naturale del mondo», ribatte con una semplicità disarmante: «è l’ipocrisia la vera volgarità».

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia