E la galassia Galan adesso trema

Quindici anni di potere assoluto, una lobby pigliatutto e tanti nemici. Fine di un’epoca "Il Nordest non sono più io". Ieri Giancarlo a Roma per trattare la buonuscita: presidenza Enel?
Galan
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VENEZIA. Non reciteremo il De profundis per Giancarlo Galan. Ha ancora 7 vite davanti. E poi è un simpatico. Grida al tradimento e non si capacita per una cosa che tutti conoscevano da mesi. Certo che ha un bel servizio informazioni. Per non parlare dello stato maggiore che gli consiglia la strategia: cervelloni da far invidia al Pentagono. Solo lui poteva pensare di vivere per sempre di luce riflessa. Doveva trasferirsi sulla Luna, nel caso: se avesse giocato in Borsa con lo stesso criterio, cioè puntando su un solo titolo senza diversificare, si troverebbe sul lastrico con qualunque patrimonio, altro che abitare a villa Rodella. Insomma gli è andata anche troppo bene. Galan non è morto ma è cominciata la frana, questo è sicuro.


Nel Veneto comincia la fine di un’epoca, di 15 anni di potere stratificato in alleanze tra gruppi della politica e dell’economia, passando per i posti di comando dell’alta burocrazia, lottizzando le poltrone nelle grandi Spa a capitale misto o a presenza pubblica. Quando si dice la stanza dei bottoni uno pensa ad un monolocale quattro per quattro. C’è ben altro: è un mondo intero, rivoli che si perdono dentro ai palazzi, costruzioni piramidali di gente in cordata che ha fabbricato carriere garantendosi reciprocamente, il che vuol dire escludendo altri, non sempre i peggiori. Per gestire gli interventi pubblici e dirigere i finanziamenti, che forzatamente privilegiano alcuni e non altri. Posizioni considerate inamovibili che vanno in malora. Non subito, ovvio, qualcuna magari mai, perché partirà (è già partita, Gobbo ha la coda fuori dalla porta!) la negoziazione con i futuri vincitori. Ma la foto del momento è questa.


Niente di immorale. In inglese si chiama spoil system, ma nel Veneto si traduce con alternanza. La cosa stupefacente è che avviene tra due partiti della stessa coalizione. Altrove succede solo quando la minoranza ribalta la maggioranza. Ma il Veneto fa eccezione: dai tempi della Dc, spaccata tra la destra dorotea da una parte e fracanzaniani basisti morotei e correntine varie di sinistra dall’altra, non è cambiato niente. Il Veneto è una regione “naturalmente” di centrodestra, ce l’ha scritto nel Dna: la Dc sprigionava il governo e anche l’opposizione. E così continua.


Se 15 anni vi sembrano pochi, bisogna pensare che sono stati gestiti da quattro gatti quanti erano - senza offesa - i liberali quando Giancarlo Galan torna in Veneto nel settembre del 1994 spedito da Berlusconi come candidato di Forza Italia per le regionali dell’anno dopo. A costruire la dirigenza del “partito leggero” chi deve chiamare Giancarlo se non i vecchi amici del Pli? Fabio Gava, Niccolò Ghedini, Enrico Marchi, Paolo Cadrobbi, Luigi Migliorini. Non ce n’erano altri. Ci aggiunge un paio di socialisti: Lia Sartori e Renato Chisso.


I capi della Dc, che erano contro l’epuratrice Rosy Biondi (si veniva da Tengentopoli), gli consegnano il partito. Forse pensavano di riuscire a fagocitarlo. Furono promossi a portatori d’acqua e da lì non si schiodarono più. Alle elezioni del 1995 Galan con il 38,2% batte Ettore Bentsik del Ppi (32,4) e Alberto Lembo della Lega (17,4). Per la legge elettorale chi arriva primo con qualunque percentuale si aggiudica il 55% del piatto. Così cominciata l’avventura di Galan presidente. Primi cinque anni, legislatura 1995-2000, navigazione incerta: guida Lia Sartori, vecchia del mestiere, posizionata alla presidenza del Consiglio. Giancarlo attraversa una crisi di giunta che l’obbliga ad un rimpasto, posiziona il suo amico Paolo Sinigaglia alla guida di Veneto Sviluppo e favorisce la scalata in Save di Enrico Marchi (socio privato) appoggiandolo con la quota della Regione. Proteste inutili di Comune, Provincia e Porto di Venezia, con i quali viene rotto il patto di sindacato. Oggi Enrico Marchi si è preso tutto l’aeroporto. Dal governo Prodi arrivano i soldi per il Passante di Mestre (dettaglio che si tende a dimenticare) ma la Lega rilancia il tunnel, condiviso dal ministro Nesi e, dopo il 2001, dal nuovo ministro Lunardi. E’ la paralisi.


La seconda legislatura Galan, 2000-2005, comincia con la sarabanda dello Statuto regionale (siamo ancora senza!), Galan a Porta a Porta rivendica il primo esempio di federalismo fiscale (tutta pubblicità gratis) e finisce lo sblocco del Passante di Mestre, il cui merito va interamente al governo Berlusconi, di cui pure faceva parte il ministro Lunardi. Nel mezzo tutti i project financing dei nuovi ospedali (costruito solo Mestre) e il calcio assestato al coordinatore regionale del partito Giorgio Carollo. Qualcuno fa partire da qui la fine di Galan, perché da quel momento il partito passa in mano all’on. avv. Ghedini, che notoriamente ha pochi impegni. Singolare contrappasso: ieri Galan obbligava Berlusconi a cacciare Carollo, oggi Bossi obbliga Berlusconi a cacciare Galan. Tutto avviene sempre a Roma e ad Arcore. E oggi Giancarlo osa stupirsene. Un altro buttato a mare da Galan a cavallo del 2000 era stato Fabrizio Comencini: prima grandi dichiarazioni di sostegno contro Bossi, poi Silvio fa la pace con il senatur, arriva l’ordine da Roma e tanti saluti. Buttati a mare direttori generali delle Usl come Gonella (che era il coordinatore) o Zurlo (Bassa Padovana) perché non condividevano i project dei nuovi ospedali. A dirigere i quali arrivano direttori fedeli. Ciò non toglie che il Veneto abbia la migliore sanità d’Italia. Forse.


Tentativo di liquidare, alle regionali del 2005, l’intero gruppo dei «carolliani», cioè la bellezza di 8 consiglieri regionali su 15, salvo non riuscirci. Varato il del Passante di Mestre, operazione di cui Galan può giustamente andar fiero. Rilanciato il Mose con altrettanta fierezza. Ma ripartono anche i project che fanno discutere, vedi Pedemontana (comunque avviata) e Valsugana. Sottolinea caustico Franco Frigo del Pd: «Ci sono molti altri project assegnati di cui non si parla. Non c’è più niente da assegnare, si sono accaparrati concessioni per i prossimi trent’anni. Alla Lega sarà possibile assumere solo gli imbianchini. L’unico vantaggio è che almeno verremo a conoscere tutta questa ragnatela».


Ieri Galan era a Roma per trattare la buonuscita, dicono i malevoli, nell’ufficio di Scaroni, presidente dell’Enel. Ma il Cda dell’Enel, società quotata in Borsa, scade nel 2011. Campa cavallo. Lega e Pdl non aspettano, avrebbero già concordato i posti nel listino bloccato e così pure nella futura giunta regionale: metà e metà, si diceva ieri in Consiglio (riferiamo la voce) con 2 posti a disposizione di Berlusconi. Amara conclusione: «Il Nordest non sono più io».

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