Morta dopo la sparatoria, la famiglia di Dolores Dori aspetta ancora il corpo

La Procura di Brescia deve ancora fissare la data dell’autopsia sul corpo della donna. Il corto circuito giudiziario. La 44enne uccisa a Lonato doveva rispondere davanti al tribunale di Venezia nel processo per utilizzo di carte prepagate con proventi da truffe per circa 65 mila euro

Roberta De Rossi
La defunta Dolores Dori
La defunta Dolores Dori

La famiglia di Dolores Dori aspetta ancora che la Procura di Brescia fissi la data dell’autopsia sul corpo della donna, uccisa da un colpo di pistola durante uno scontro armato tra famiglie sinti: in carcere si trovano la madre della 44enne Dori, Amalia Levacovich (difesa dall’avvocato Danilo Taschin, che rappresenta anche la donna morta, segnalando i tempi lunghi dell’autopsia) e il figlio minorenne (difeso dall’avvocato Pietro Sartori), arrestati per il tentato omicidio della famiglia rivale, svanita - nel frattempo - nel nulla. Ancora si cerca chi ha sparato e ucciso Dolores Dori.

La faida

Dietro al blitz armato ci sarebbe stata una vecchia faida, esplosa dopo che la figlia ventenne di Dori ha rifiutato un matrimonio combinato, per scappare proprio da un giovane del campo gardesano (anche se, a sentire la famiglia di Camponogara, la ragazza sarebbe stata trattenuta lì a forza).

Il marito di Dori, assieme al figlio 16enne, aveva anche registrato una video-minaccia in cui invitava il clan nemico allo scontro, agitando una semiautomatica; l’uomo però non avrebbe partecipato direttamente al raid. I legali difensori sono in attesa di perizie balistiche, mentre la Procura di Brescia ha notificato loro che ci sarà la consulenza sulle auto in sequestro presso i carabinieri di Mira.

Il processo

Cortocircuito giudiziario, si diceva. Venerdì scorso, infatti, Dolores Dori si sarebbe dovuta presentare con il suo avvocato davanti al Tribunale di Venezia per rispondere dell’accusa di ricettazione, insieme al 25enne Nicolas Cacco, sempre residente a Camponogara.

Secondo il capo di imputazione, avrebbero ricevuto alcune carte prepagate nelle quali erano confluiti 65 mila euro «provento di truffa ai danni di diverse persone che avevano messo in vendita beni su Internet», scrive la Procura. Dori e Cacco erano accusati di aver prelevato dalle carte 30 mila euro spesi tra Jesolo, Stra Chioggia, Monfalcone, in Slovenia nel 2020. E di averne utilizzati altri 34 mila «in attività speculative» presso il casinò di Nova Gorica: uno dei metodi classici utilizzati per “lavare” il danaro sporco di provenienza illecita: cambiato in fiches e poi nuovamente in contanti, quasi fosse una vincita ai tavoli da gioco.

Rischio sul quale i Casinò si sono fatti molto più attenti e tra i primi a denunciare casi sospetti. Davanti agli eventi funesti, alla giudice Francesca Zancan non è rimasto che dichiarare estinto il reato di Dolores Dori «per morte dell’imputata».

Il procedimento resta aperto per Cacco, ma la giudice ha rinviato il fascicolo in Procura sollecitando che venga contestato il reato di 648 bis, ovvero, riciclaggio.

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