Decreto svuota carceri in 450 chiedono di tornare in libertà

Padova: il senatore Bitonci (Lega) lancia l’allarme sicurezza Il direttore del Due Palazzi: fuori solo chi non è pericoloso
Di Sabrina Tomè
CANCELLIERI IN VISITA AL DUE PALAZZI
CANCELLIERI IN VISITA AL DUE PALAZZI

PADOVA. Le istanze presentate da Natale ad oggi (dall’entrata in vigore del decreto al suo passaggio alla Camera) raggiungono quota 450. I detenuti padovani che stando alle previsioni possono sperare in un esito favorevole della procedura, e quindi nell’uscita di cella prima della scadenza della pena, sono meno di un centianaio; al Due Palazzi circa l’8% della popolazione. In otto settimane di operatività, le persone rilasciate nel distretto di competenza del tribunale di Sorveglianza di Venezia, sono una trentina (300 considerando tutti i tipi di scarcerazione e non solo quelli riconducibili alla liberazione anticipata speciale).

Sono i primissimi, parziali dati del decreto 146 del 23 dicembre 2013 ribattezzato «svuota-carceri». Tra gli obiettivi della norma c’è quello di ridurre il sovraffollamento che caratterizza tutti gli istituti di pena italiani. Non si sottrae il Due Palazzi che conta 860 detenuti sui 700 previsti. E c’è chi lancia l’allarme.

«È un mini indulto», attacca Massimo Bitonci, capogruppo della Lega in Senato, «Considerando i reati che interessano Padova, il decreto mette fuori persone che si erano rese responsabili proprio di violazioni di questo tipo. E dunque l’emergenza sicurezza rischia di crescere. Il problema del sovraffollamento si risolve in altro modo: puntando sull’edilizia carceraria e sugli accordi con i Paesi stranieri. Al Due Palazzi il 50% dei detenuti non è italiano: se ci fossero le convenzioni internazionali, potrebbero scontare la pena nel loro Paese».

«Macché indulto», replica Alessandro Naccarato, deputato del Pd, «Chi sostiene questo fa solo propaganda. In realtà il decreto aiuta ad avvicinarci alle normative europee. Prevede quello che è già previsto all’estero: bracialetto elettronico, sconto pena per buona condotta che passa da 45 a 75 giorni per ogni semestre di detenzione, aumento del ricorso ai domiciliari. È un decreto che aiuta a decongestionare le carceri». Lo conferma il direttore del Due Palazzi Salvatore Pirruccio che rassicura sugli effetti: «La scarcerazione riguarda innanzittutto detenuti non socialmente pericolosi e che comunque sarebbero usciti entro l’anno. In sostanza il decreto anticipa la scarcerazione di appena qualche mese. Difficile dire quanti saranno a beneficiarne, decide il magistrato di sorveglianza: potrebbero essere 50, massimo 70 circa». E prosegue: «In realtà, per risolvere il problema del sovraffollamento carcerario, che è stato aggravato dalle norme su immigrazione, tossicodipendenza e recidiva, serve una riforma strutturale che cominci dal Codice penale. Il carcere deve essere l’extrema ratio rispetto ad altre esecuzioni: è una questione di civiltà giuridica».

Sulla stessa lunghezza d’onda Nicola Boscoletto, presidente della cooperativa Giotto che fa i lavori in carcere: «Il decreto carceri è positivo, ma non risolutivo. Lo diventerà soltanto quando si faranno riforme strutturali relative a scopo e ruolo del carcere. Una riforma per cui le pene saranno più tutte riconducibili al carcere. In altre parole: scontare una pena non vorrà dire necessariamente andare in cella».

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