Carella vuole uscire dal carcere
Rogo del teatro: presentata richiesta di affido sociale
Ha trascorso gli ultimi sei mesi in carcere, dopo tre anni da latitante in Messico, dov’era scappato per sfuggire alla condanna a 7 anni per il rogo doloso della Fenice, bruciata per evitare la penale che la sua impresa elettrica avrebbe dovuto pagare per la ritardata consegna dei lavori: un piccolo incendio sfuggito di mano. Ora il veneziano Enrico Carella (in foto), 38 anni, vuole tornare libero e - complice l’indulto, che gli ha scontato tre anni di pena - si appella ai benefici di legge. Così, lunedì il suo avvocato ha depositato al Tribunale di sorveglianza di Milano la richiesta di affidamento ai servizi sociali: cerca un lavoro socialmente utile, Carella, per lasciare il carcere di Busto Arsizio nel quale è rinchiuso da maggio, dopo l’estradizione dal Messico, dove Digos e Interpol l’avevano arrestato a febbraio.
«Ci aspettavamo che chiedesse subito il trasferimento a Venezia, per stare più vicino alla sua famiglia, ma è stato furbo a non farlo. Il suo avvocato lo ha consigliato bene: se fosse venuto qui, sarebbe stato il Tribunale di sorveglianza di Venezia a valutare il suo caso e i benefici - dopo una latitanza così lunga - non li avrebbe ottenuti tanto facilmente». Alla ripresa della piena attività degli uffici, il procuratore generale Ennio Fortuna s’è informato presso i colleghi milanesi sul destino del «piromane» che in una notte di follia ha distrutto il teatro con la complicità del cugino Massimiliano Marchetti (condannato a 6 anni, dopo 2 di carcere è uscito grazie allo sconto-indulto). E’ così saltata fuori la richiesta - fresca di deposito - di affidamento ai servizi sociali: se sarà accolta, lascerà il carcere. I giudici di Milano non hanno ancora fissato l’udienza: i calendari sono pieni fino a metà ottobre.
Fortuna si augura che la permanenza in galera dell’ex-elettricista duri ancora qualche tempo. «La concessione dei benmefici non è automatica», commenta, «va valutato il comportamento dell’imputato prima e dopo la condanna, la sua presa di coscienza: essere scappati all’estero e tornare in carcere solo perché arrestati non mi pare un grande pentimento. A Venezia ci saremmo battuti per opporci a questa richiesta e ritengo che il Tribunale di sorveglianza, qui piuttosto severo, non lo avrebbe scarcerato facilmente».
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