Cacciari, Galan e le sfide politiche
Coabitazione forzata e inattese sintonie fra due leader così diversi

«Acqua alta a Topolinia, paperi confusi ». Il papero più confuso di tutti di nome si chiama Massimo, assimilato per altri versi a Don Chisciotte. Cacciari sarebbe inoltre «un filosofo della Locride, dove fiorisce l’assistenzialismo ». Il florilegio delle occasioni di dileggio, da parte di Giancarlo Galan nei riguardi di Massimo Cacciari, potrebbe procedere ancora a lungo.
Espressioni colorite cui, di norma, il sindaco filosofo ha opposto il silenzio più glaciale e indifferente. Non ti curar di lui, ma ascolta e passa. E potrebbe dunque apparire che tra il sindaco Cacciari e il governatore Galan ci sia stato un costante menar le spade. Ma non è stato così, perché in fondo l’unica vera e irriducibile ragione di aperto scontro è stata e sarà il Mose. I due hanno (quasi) serenamente coabitato sotto il cielo veneziano, pur mantenendo le distanze siderali che tra loro vi sono per i più vari aspetti. Difficile immaginare due uomini più diversi e distanti.
Se i luoghi che abitiamo rivelano chi siamo, basta visitare l’ufficio dell’uno e dell’altro d’estate. Galan non tollera di patìre nulla, neppure una stilla di sudore e dunque la sua stanza è una teca climatizzata e impermeabile al mondo. Cacciari di aria condizionata non ne vuol sapere, perché dice che la verità delle cose non va falsata. Vicenda sui generis, la coabitazione Cacciari-Galan.
Con questa doppia parola- chiave è legittimo interpretare gran parte delle vicende politiche veneziane e venete, con i loro riverberi nazionali, nella parabola che dal ’95 arriva ai giorni nostri. La galaniana «scesa in campo» del ’95 implica in Palazzo Balbi una cifra stilistica tutt’affatto nuova, che nulla c’entra con il passo felpato dei riti dorotei alla Bernini e alla Cremonese.
Cacciari c’era già, all’arrivo di Galan. Cacciari è come ci fosse da sempre, apparentemente uguale a se stesso. Come fosse un affresco su un muro veneziano, un’icona, un ritratto e invece sta dentro allo scorrere di un video, dove tutto in continuazione muta. Del video è protagonista permanente Cacciari, però da ormai quindici anni non di meno lo è Galan. Coabitazione difficile, acida e costretta nel primo lustro.
Nel primo terzo del suo regno, Galan paga in generale lo scotto del noviziato e, in particolare, soffre la superiorità intellettuale del sindaco filosofo. Ma il timore reverenziale non induce affatto al silenzio il governatore, che anzi per indole cerca sistematicamente l’ingaggio. «Cacciari mi ha sempre davvero affascinato.
Ho sempre pensato che fosse un vero leader, anche quando polemizzavo con lui tutti i giorni. La polemica mi serviva per marcare la differenza, per segnare i fattori che ci distinguevano. Ma poi con l’andare degli anni ho capito che non basta, che occorre costruire relazioni anche con gli avversari e ricercare consensi più vasti del proprio ambito».
La polemica come fattore distintivo del primo lustro di coabitazione, fino al giro del millennio. Il giro di boa avviene dopo lo scontro diretto, quando nel 2000 Cacciari veste suo malgrado i panni del campione del centrosinistra, dello sfidante di Galan per la guida della Regione. Sfidante obtorto collo, perché se a nessuno piace perdere, a Cacciari meno che a chiunque. E sapeva che avrebbe perso. Sapeva che avrebbe perso nel confronto con un uomo politico che stimava poca cosa. Ma che imparò a valutare davvero nei pubblici duelli, nei dibattiti televisivi dove la nativa vis polemica galaniana non di rado ha avuto la meglio sulla potenza e sottigliezza dell’argomentare cacciariano.
Campagna elettorale senza esclusione di colpi, anche perché l’arte sondaggistica in quel frangente manifesta uno dei suoi più fantasiosi capitoli, accreditando Cacciari in vantaggio e seminando nervosismo parossistico nelle file di destra, come immotivata speranza a sinistra.
«Cacciari è stato senza dubbio l’avversario più difficile tra quelli con cui ho dovuto misurarmi a duello — ricorda Galan — Sebbene sia stato quello al quale ho inflitto il più ampio distacco, direi che il mio antagonista più ostico è stato proprio lui. La sua immagine era altissima. Avevo contro tutto il mondo. I sondaggi mi davano molto spesso soccombente. Lo stesso Berlusconi, con un errore in lui ricorrente, non faceva che incensare un avversario che stimava in quanto fantasioso e celebre. Mi pronosticava una molto probabile sconfitta. E’ finita che Cacciari è andato sotto di 17 punti».
Numero da cabala, il 17. Numero che segna la liberazione di Galan da una sorta di complesso di inferiorità, la sua emancipazione dall’aura fascinatoria di Cacciari. E l’inizio di un confronto alla pari, allo scoperto, diretto e spesso collaborativo. Un percorso che non manca di asperità, quasi sempre però legate alla contesa per il Mose.
A parte la questione delle dighe mobili sono rari, a ben vedere, i motivi di polemica tra i due. Non è mica poca cosa la faccenda delle misure di salvaguardia di Venezia, anche per il volume di interessi economici in ballo. Del Mose il paladino per eccellenza è Galan. Del Mose l’avversario più strenuo e indefesso è Cacciari, che sul tema ha contestato a Galan di «parlare come sempre senza conoscere la realtà delle cose». E quindi a ogni Comitatone, a ogni ricorso giudiziario, a ogni convegno, a ogni manifestazione, a ogni avvio di cantiere le scazzottature hanno allietato le cronache. Anche la partita per la nomina di Paolo Costa alla presidenza del porto di Venezia, che ha fatto imbestialire come poche altre il sindaco filosofo, è stata giocata da Galan essenzialmente con l’obiettivo di assicurarsi in Autorità portuale un fedele alleato a difesa del Mose.
Vero che Cacciari spacciava al suo entourage di avere un- ’intesa con Galan per una scelta condivisa, e che sperava di far passare uno dei suoi uomini. Peggio per Cacciari non poteva finire, dato il livello di simpatia che gli ispira Costa. Ma la spaccatura tra sindaco e governatore ha trovato modo poi di rimarginarsi.
Come è accaduto, per esempio, anche per le vicende per la concessione di Punta della Dogana o per il rilancio della chimica a Porto Marghera.
Sull’una e sull’altra questione Galan e Cacciari erano di opposto parere. Motivi di divisione che non hanno impedito, però, il mantenimento del dialogo tra le due sponde del Canal Grande. Tanto che, quando Galan lo scorso anno ha immaginato o fantasticato della costruzione di un partito territoriale stile Svp, ha apertamente indicato in Costa, Treu e Cacciari le figure esemplari con cui vorrebbe condividere il percorso. Cacciari non ha mai commentato, ma nemmeno platealmente criticato l’estrosa ipotesi galaniana. Non rimane che attendere qualche mese per vedere se il futuro riserverà ancora un’occasione di scontro tra i due.
Parliamo della successione a Cacciari alla guida del serenissimo Comune di Venezia. Il candidato del centrosinistra potrebbe portare il nome del sindaco uscente? Lui nega risolutamente, però non sarebbe la prima volta che gli tocca bere l’amaro calice di una candidatura non voluta. E se il candidato del centrodestra fosse il governatore uscente, quale risarcimento del suo sacrificio sull’altare dell’alleanza tra Pdl e Lega? «Non nego che un po’ di fascino alla prospettiva di fare il sindaco di Venezia l’ho riconosciuto — ha ammesso mesi addietro Galan — e ci ho fatto a più riprese mezzo pensierino.
Parliamo di una città unica, con relazioni a livello planetario. Potrebbe essere stimolante e di sicuro prestigioso. Ma non è nei miei piani». Mai dire mai, però, è un adagio spesso in bocca al governatore. Ci sentiremmo di scommettere, invece, che sotto alle stesse bandiere - con il Leone di San Marco e la scritta Forza Veneto - la strana coppia non combatterà mai.
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia
Leggi anche
Video