Nasce in Brasile la prima cattedra universitaria al mondo dedicata alla lingua veneta

All’ Universidade Federal de Santa Maria (Rio Grande do Sul) partirà il primo corso accademico dedicato alla lingua veneta, grazie a un accordo con l’Academia de ła Bona Creansa. Le 15 lezioni, tenute dal professor Alessandro Mocellin, affronteranno ortografia, pronuncia e cultura veneta

Giuseppe Pan
Giuseppe Pan

A Santa Maria, nel cuore del Rio Grande do Sul, prenderà infatti vita la prima cattedra universitaria al mondo dedicata alla Lingua veneta, frutto di un accordo di cooperazione internazionale tra la Universidade Federal de Santa Maria (UFSM) e l’Academia de ła Bona Creansa, l’istituzione che da anni si occupa della salvaguardia e promozione del veneto.

«Un idioma dalla storia secolare, con una letteratura attestata sin dal XIII secolo, ma ancora vivace e diffuso, dev’essere oggetto di studio all’Università – afferma Giuseppe Pan, capogruppo della Liga Veneta per Salvini Premier in Consiglio regionale del Veneto –. Fortunatamente la pensano così in Brasile, uno dei paesi dove l’emigrazione veneta ha lasciato i segni più tangibili nella popolazione, nell’economia e nelle tradizioni. Mantenere una lingua è passato, presente e futuro delle comunità».

Il corso

Il corso sarà strutturato in 15 lezioni per un totale di 45 ore, con il contributo didattico del professor Alessandro Mocellin, docente, ricercatore e Direttore dell’Academia de ła Łengua Veneta. Le lezioni si svolgeranno in lingua portoghese, adattandosi al contesto locale, ma saranno accompagnate da esercitazioni e lettorati in veneto, con materiali didattici aggiornati su ortografia e pronuncia. Il programma prevede inoltre approfondimenti sui venetofoni illustri della storia, da Marco Polo a Tiziano, da Tintoretto a Canova, senza dimenticare le grandi feste popolari come la Sensa e il Caodeano.

«Il corso sarà in presenza e aperto a tutti i 27mila studenti dell’UFSM – conclude Pan –. Maggiore accessibilità significa maggiore diffusione della conoscenza, e questo è fondamentale per fare cultura. Ora tocca ai discendenti dei nostri emigranti riscoprire come parlavano i loro nonni e trisavoli, ricostruendo attraverso le parole i grandi cambiamenti storici e le vicende personali. Mi auguro che anche le università venete seguano l’esempio, soprattutto perché qui la lingua veneta è radicata e vive nella quotidianità».

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia