Bimbo in auto nel Sile, lo specialista: «Con pochi minuti di ipossia si rischiano danni cerebrali»

Ore di apprensione per il bimbo di 5 anni rimasto sott’acqua quasi 20 minuti. Parla il dottor Andrea Vianello, primario del reparto di Fisiopatologia respiratoria dell’Azienda Ospedaliera di Padova: «Nell’abitacolo una bolla d’aria che gli ha fatto guadagnare tempo»

Maria Ducoli
Le operazioni di recupero dell'auto nel Sile (foto Bortoluzzi)
Le operazioni di recupero dell'auto nel Sile (foto Bortoluzzi)

L’ossigeno, insegnano a scuola, è vita. Un carburante invisibile che permette alle cellule di crescere, riprodursi, vivere. Che permette alla macchina complessa che è il corpo umano di funzionare. Cosa succede quando l’ossigeno viene meno? Quando un bambino resta sott’acqua quasi per venti minuti? Domande che tutta la comunità, attonita, si sta ponendo dalla scorsa domenica, quando l’auto su cui viaggiava il bimbo di 5 anni, con la sua famiglia è precipitata nel Sile, a Jesolo. Domande a cui risponde Andrea Vianello, primario di Fisiopatologia respiratoria dell’Azienda Ospedaliera di Padova.

Andrea Vianello, primario di Fisiopatologia respiratoria dell’Azienda Ospedaliera di Padova
Andrea Vianello, primario di Fisiopatologia respiratoria dell’Azienda Ospedaliera di Padova

Dottore, in queste ore concitate ci si chiede quali potrebbero essere le conseguenze per il bimbo.

«Bastano pochi minuti senza ossigeno per rischiare danni cerebrali importantissimi. Ci sono delle cellule, come quelle cerebrali, che sono particolarmente sensibili all’ipossia. Poi, certo, anche altri organi, dal cuore al fegato fino ai polmoni, ne risentono e possono rimanere danneggiati».

Il nostro organismo quanto tempo riesce a stare senza ossigeno?

«Pochissimi minuti, già dopo quattro o cinque si va incontro alla morte cellulare».

Il bambino, però, è stato estratto dopo quasi venti minuti, ancora vivo.

«Sì, il che mi fa pensare che ci potesse essere una bolla d’aria nell’auto, cosa che gli ha permesso di avere una riserva d’ossigeno, altrimenti è impossibile pensare che una persona possa resistere così a lungo».

L’entità di un possibile danno dovuto all’ipossia è uguale nei bambini e negli adulti?

«Sicuramente il cervello dei bambini è maggiormente esposto ai rischi perché non è ancora formato. Tuttavia, proprio perché ancora in via di sviluppo, ci potrebbero essere maggiori capacità di rigenerazione».

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Le operazioni di recupero dell'auto dal Sile (foto Bortoluzzi)

Danni cerebrali significa problematiche su più livelli?

«Sì, a livello motorio, sensoriale, del linguaggio. Pensiamo, ad esempio, al caso più comune di ipossia, quella legata al parto, che porta alla paralisi cerebrale infantile. Questi neonati restano senza ossigeno per pochissimi minuti, e i danni possono essere enormi».

Ci sono differenze tra bambini e adulti rispetto al tempo che possono rimanere sott’acqua?

«La capacità di resistere in apnea è legata a tanti fattori, tra cui il volume polmonare, che in un adulto è più sviluppato e, quindi, gli permette di resistere di più».

Il bimbo in questione ha cinque anni, a quest’età le vie respiratorie a che stadio di sviluppo sono?

«Sicuramente a cinque anni non si ha ancora raggiunto la maturità del sistema respiratorio, che arriva verso i 17,18 anni».

Acqua dolce o salata hanno lo stesso effetto sull’organismo?

«No, sono due meccanismi diversi che dipendono dalla concentrazione dei due liquidi. La velocità con cui si arriva all’edema polmonare dipende dalla quantità di acqua aspirata e dal tempo di ipossia». 

 

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