«Bellissimo e possibile. Ma ora si pensi al nome»

Marino Folin della Fondazione Iuav entusiasta: «Ma peccato che il moderno sia accettato solo ai margini della città»
Adesso che il ponte è qualcosa di più di un'idea, Piazzale Roma è già cambiato e sono bastati i due conci laterali, che insieme fanno nemmeno trenta metri - cioè un terzo dell'intera struttura - per spostare il peso del discorso.

La sua opportunità o meno, che aveva acceso dibattiti infiniti, ora diventa secondaria perchè il ponte c'è. Quindi, più del suo essere necessario alla città, ora vale l'indice di gradimento che, ad esempio, nel presidente della Fondazione Iuav
Marino Folin
è decisamente elevato.

«Ora che i due conci laterali sono stati montanti si prefigura già il ponte e mi sembra che si collochi perfettamente nel tessuto della città - dice Folin - dalla fermata di Piazzale Roma si riesce a vedere l'inquadratura della cupola di San Simeone. Mi sembra perfetto. Sarà un ponte che non tradirà le aspettative del progetto».Però Folin va oltre. Un ponte così, bello e flessuoso, moderno e carico di suggestioni, pulito e prezioso, un ponte che sia un ponte, insomma, l'avrebbe visto non solo a Piazzale Roma ma anche più in centro, ad esempio all'Accademia. «E' davvero un peccato che il contemporaneo a Venezia abbia la possibilità di collocarsi solo ai margini della città - dice ancora l'ex rettore dello Iuav - e invece la sfida non dovrebbe essere relegata nella parti periferiche della città. Il modo di dialogare che già questa prima parte del ponte ha con la chiesa di San Simeone dimostra proprio questo: che la sfida del moderno con l'antico è una sfida che va giocata».

Ancora da completare, il nuovo ponte vive già il suo stato di grazia. Dice Franca Coin: «E' stato un evento straordinario. La costruzione di un quarto ponte sul Canal Grande è in sé un evento straordinario. Significa che la città ha voglia di avere qualcosa di nuovo. Ed è stato impressionante il passaggio della chiatta sotto il ponte di Rialto. Una questione di millimetri. Questo significa che abbiamo tecnici eccezionali. Ora però bisogna pensare al nome. Nome sacro o profano per me non ha importanza. Personalmente lo chiamerei ponte dell'unità». Felicissimo anche l'architetto Marco De Michelis che però mette il dito nella piaga dei piagnistei che hanno accompagnato l'eterna gestazione del ponte durata undici anni e costata il triplo di quanto previsto all'inizio. «Non ho dubbi, sarà un'opera bellissima. L'unica vergogna è il non averla portata a termine senza tragedie. Il suo nome? Semplice. Il quarto ponte». Non è d'accordo, ma per problemi squisitamente economici più che estetici, il capogruppo della Lega Alberto Mazzonetto che venerdì ha fatto la notte in bianco per vedere passare il ponte e ieri mattina era i primi a veder spuntare i due conci dalle rive. Dice Mazzonetto: «Certo, il passaggio del ponte in Canal Grande e la sua costruzione sono un evento. Ai nostri figli e nipoti potremo dire che noi l'abbiamo visto però la straordinarietà della cosa, per me, finisce qui». Il capogruppo leghista pensa infatti agli undici milioni di euro spesi che giudica «uno spreco perfettamente inutile» così come il ponte di Calatrava un'«opera ridicola e paradossale». «Venezia non ha bisogno di questo genere di cose perchè sono cose superflue mentre qui mancano le cose fondamentali». Prendi ad esempio la sublagunare. «Ecco - dice ancora Mazzonetto - invece di spendere soldi per un ponte del tutto inutile che non aggiunge nulla alla città si poteva pensare di investirli per aumentare il tragitto della sublagunare fino al Lido».

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