L’appello di Moraglia per Trentini: «Preghiamo perché torni libero presto»
Nell’omelia per la Festa della Madonna della Salute, davanti a migliaia di fedeli, il patriarca ha rinnovato la sua vicinanza alla famiglia del cooperante veneziano e la speranza per una sua veloce liberazione «sciolti i nodi che impediscono la positiva risoluzione della vicenda»

«Auguriamoci di essere più liberi. Nel contesto di una festa tanto amata dai veneziani, permettetemi di rivolgere un pensiero ad Alberto Trentini privato dalla libertà da più di un anno, ristretto in carcere nel Venezuela. Nel confermare la nostra vicinanza a familiari ed amici, in particolare a mamma Armanda e papà Ezio, ci affidiamo nella preghiera e alla sollecitudine materna della Madonna della Salute, la Madonna dei Veneziani, e speriamo che questo veneziano torni presto tra noi. Preghiamo perché riesca a sciogliere i nodi che impediscono la positiva risoluzione della vicenda e così Alberto possa tornare libero».
Il patriarca ha concluso con un appello alla liberazione di Alberto Trentini la sua omelia durante la messa solenne per la Madonna della Salute, in una basilica gremita di fedeli, che hanno affrontato le forte raffiche di vento e la pioggia sin dalle prime ore della mattina, per assistere alle messe che dalle 6 hanno scandito l’intera giornata.
La festa cristiana e laica
La Festa della Madonna della Salute nella sua Basilica – nata dal voto dei veneziani fatto per chiedere la fine della peste del 1630-31 – è certamente uno degli appuntamenti più sentiti dalla città, dai fedeli, ma anche da non credenti affezionati alla tradizione veneziana: le candele accese in ricordo di una persona cara o per voti personali; le litanie che risuonano per giorni davanti all’effige della Madonna “Mesopanditissa”, la “mediatrice di pace”, giunta dall’isola di Candia il 26 febbraio 1670 portata dal doge Morosini e il 21 novembre di quell’anno collocata nella sua nicchia.
Poi la festa laica, con i banchetti di frittele, dolci, palloncini per i bimbi. E l’attraversamento del Ponte Votivo: ponte oggetto anche si attenzioni speciali, con i sopralluogo di sicurezza con i sub della Polizia e con qualche minuto di interruzione del transito alle 8 di mattina.
L’indulgenza plenaria
Per altro, questo è stato Anno giubilare e Papa Leone ha concesso indulgenza plenaria a chi è passato per la porta santa: «Lasciamo aperta la porta della speranza guardando con fiducia a Maria: lasciamo che entri nelle nostre vite e in quelle delle nostre famiglie! Perché ciò avvenga, custodiamo e teniamo Maria fra le nostre cose più care perché Gesù, dalla croce, ci ha chiesto proprio questo», ha concluso il patriarca.
In apertura, il pensiero di Moraglia all'assente sindaco Luigi Brugnaro e la vicinanza al suo lutto, per aver perso la mamma Maria. A rappresentare la città, l’assessore Simone Venturini, con in prima fila le altre autorità civili e militari.
Festa della Madonna della Salute che come sempre ha richiamato migliaia e migliaia di persone di ogni età in un pellegrinaggio che continuerà fino a lunedì, scandito da messe ad ogni ora.
Fede e realtà, anche la più dura, quella della guerra: venerdì sera l’incontro di Pace in collegamento da Gerusalemme con il patriarca latino Pizzaballa e con l’arcivescovo di Leopoli, partecipando al dolore dei popoli di quelle terre martoriati dalle guerre.
Ecco il testo integrale dell’omelia del patriarca
“Stimate autorità, confratelli nel sacerdozio, diaconi, consacrati e consacrate, fedeli laici,
nell’Anno giubilare della speranza - che ormai volge al termine - viviamo la festa della Madonna della Salute, molto cara ai veneziani.
Nel Magnificat (cfr. Lc 1,46-55), la Vergine Maria manifesta il suo animo con espressioni che riprendono temi già presenti nell’Antico Testamento ma che giungono a compimento in Colei che è definita beata perché ha creduto (cfr. Lc 1,45). Così l’evangelista Luca, giustamente, pone Maria di Nazareth nel “nuovo” Israele, in quel resto santo del popolo di Dio che crede, spera ed ama nell’attesa del suo Salvatore.
Nell’Annunciazione l’evangelista riporta quanto Dio dice alla fanciulla di Nazareth, allora poco più che adolescente, chiedendone il libero consenso: “…concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine” (Lc 1,31-33). Proprio in Lei trova compimento la promessa di salvezza e la venuta del Messia, l’”Emmanuele”.
La risposta della Vergine è consentire – ecco tutta la forza del suo “sì” – al compimento all’antica promessa di Dio all’umanità al mattino della creazione (le prime pagine della Genesi). Maria è la vera figlia di Sion e in Lei trova forma il nuovo popolo di Dio.
Le parole del suo sì - “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1,38) - sono il punto verso cui tende tutta la narrazione di questa pagina di Luca.
Qui troviamo la profondità esistenziale e teologica, impossibile da spiegare in modo esaustivo, poiché si entra nel “mistero” di Maria. È il mistero della parola che Dio Le rivolge - una rivelazione -, è l’azione di Dio di cui solo Maria è a conoscenza, perché vissuta nel suo essere interiore e che l’ha resa grembo di grazia per tutta l’umanità
Il significato immediato è quello di una disponibilità totale, “cattolica” - ossia secondo il tutto -, una ricezione attiva motivata da una fede più grande che si apre, come ogni vera fede, all’amore. Così, Maria, ad un tempo riceve e dona; è la prima “graziata”, la prima “salvata”, la prima “cooperatrice” in ordine al nostro cammino salvifico.
Maria è unica, è porzione singolare, è “riconosciuta quale sovreminente e del tutto singolare membro della Chiesa, figura ed eccellentissimo modello per essa nella fede e nella carità” (Lumen gentium n. 53); è nel suo sì pieno e universale, che Maria non è solo “tipo” ma anche “modello” della Chiesa; in essa si dà il vero inizio della Chiesa. Il suo sì apre le porte alla venuta della salvezza, al Nuovo Testamento, alla pienezza dei tempi (cfr. Gal 4,4).
“Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1,38); è del vero discepolo essere rivolto – come l’“Ancilla Domini” – al Signore, l’alternativa è quella di essere rivolti al mondo e al suo servizio (il politicamente corretto). Subito si coglie la differenza: si possono cercare le attenzioni del mondo e così non essere protesi verso Dio. Maria si prende cura del mondo ma non si cura di piacere al mondo. A noi discepoli del Signore capita l’inverso: non ci prendiamo cura del mondo ma ci curiamo di piacere al mondo.
Eppure appartenere davvero a Dio vuol dire anche servire il mondo. Maria, che appartiene a Dio, non si cura del mondo ma se ne prende cura. Non teme il mondo, ma ama chi lo abita. Il discepolo, sull’esempio di Maria, è chiamato a tendere verso questa grande libertà interiore. E, come Maria, non penserà a servirsi del mondo, non si assoggetterà e neppure si adatterà ad esso, ma vi si applicherà; sì, applicarsi al mondo, non adattarsi al mondo che è scorciatoia facile che e ci rende molto graditi; ma a chi? Al Signore e al suo Vangelo?
La Vergine Santissima non ha la preoccupazione dei primi posti, dei titoli o della notorietà, perché tutto attende dalle mani di Dio e, in fondo, Lei aspetta tutto da Dio e solo da Lui. Ecco perché - come ho scritto nella lettera pastorale per il prossimo triennio “Pax tibi, Marce” - per accogliere realmente il Signore Gesù e crescere nella fede cristiana bisogna andare a scuola di Maria, che è la scuola di Nazareth, ossia una scuola di povertà e libertà evangelica. Dopo di Lei, la seguiranno altre figure come Francesco e Chiara d’Assisi, Charles de Foucauld, Bernadette Soubirous a Lourdes e, ai giorni nostri, madre Teresa di Calcutta.
Maria si pone al servizio di Dio e, quindi, riesce a vivere il tempo dell’esistenza terrena, giorno dopo giorno, veramente in pienezza, in modo totalmente libero e perciò in grado d’esprimere quella speranza forte che proprio il Giubileo ci invita a scoprire. La fanciulla di Nazareth ci insegna, infatti, che essere “nel” mondo senza essere “del” mondo è la consegna metodologica fondamentale che il Signore dà ai suoi discepoli. Il metodo è essenziale nella vita dei discepoli; senza metodo anche i contenuti della fede vengono meno.
Tra i doni di grazia di Maria vi è l’essere fonte e non sorgente; solo Cristo è sorgente. Maria è fonte perché reca l’acqua della fonte, un’acqua cristallina e fatta di umiltà, quella virtù che consente l’atto di fede ed apre all’amore. Il Magnificat ne è una piccola e splendida testimonianza: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva” (Lc 1,46-48).
Nel Magnificat si riconosce la grandezza del dono di grazia che ha plasmato la persona di Maria e si riconosce anche l’azione di Dio che passa attraverso le tumultuose vicende della storia umana. Maria esprime così la vera umiltà, manifestando la sua piccolezza o grandezza evangelica.
Quello che spesso manca a noi, oggi, è l’appartenere a Dio che al di là di tante vuote parole – declinate in perfetto ecclesialese - nasce proprio dall’umiltà mariana.
A tal proposito, emblematica la scena di Gesù tentato nel deserto. Ascoltiamo le risposte di Gesù a Satana; Gesù dopo aver digiunato quaranta giorni ebbe fame; allora, Satana gli si avvicinò e disse: “Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane” ma Gesù risponde: “Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo...”; “Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù…” (dal pinnacolo del tempio) e Gesù replica: “Sta scritto anche: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”; e ancora “il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai»” ma Gesù ribatte: “Vattene, Satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto” (cfr. Mt 4,1-11).
Quello che spesso manca al discepolo, al suo modo di relazionarsi alle persone, alle situazioni, ai beni è la mancanza di libertà rispetto al giudizio degli uomini e ai criteri premianti del mondo, ovvero, fama, possesso, potere.
Ma quale è il motivo? Perché siamo così così fragili? La mancanza di umiltà, la sola che, oltre ad indicarci la verità, ci consegna ad essa facendo spazio, nel nostro cuore, a Dio proprio attraverso la fede, frutto dell’umiltà e della carità che nasce, a sua volta, dalla fede.
L’umanità di Maria va colta a partire dall’Immacolata Concezione (l’assenza del peccato): è la prima salvata dal peccato ancor prima di cadervi, salvata più e meglio degli altri e quindi appartenente a Dio in modo unico per la sua grazia particolare che pone a servizio della Chiesa, così da cooperare in modo unico e singolare – con la sua intercessione materna - all’opera di salvezza a favore della Chiesa e del mondo.
Nel contesto di una festa tanto amata dai veneziani, permettetemi di rivolgere un pensiero ad Alberto Trentini che, ormai da più di un anno, è ristretto in carcere nel Venezuela. Nel confermare la nostra vicinanza a familiari ed amici, in particolare a mamma Armanda e papà Ezio, ci affidiamo nella preghiera alla sollecitudine materna della Madonna della Salute perché riesca a sciogliere i nodi che impediscono la positiva risoluzione della vicenda e così Alberto possa presto tornare libero.
L’Anno giubilare della speranza guardando con fiducia a Maria: lasciamo che entri nelle nostre vite e in quelle delle nostre famiglie! Perché ciò avvenga, custodiamo e teniamo Maria fra le nostre cose più care perché Gesù, dalla croce, ci ha chiesto proprio questo (Gv. 19,27)”.
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