A Ca’ Farsetti regnava Mario Rigo
In Consiglio comunale sedevano diversi «big» e si respirava aria di novità

«Ma questi sono matti! Chiuderanno tra due mesi». Venezia, settembre 1984. In una laguna abituata da sempre ad avere un solo giornale, il centenario Gazzettino, il gruppo Mondadori-Espresso prepara lo sbarco in grande stile di un nuovo quotidiano.
La Nuova Venezia è una scommessa ad alto rischio che Carlo Caracciolo ed Eugenio Scalfari, insieme a Giorgio Mondadori, hanno deciso di lanciare sul terreno dell’avversario. Il formato è quello tabloid, sulle orme di Repubblica e dei giornali locali che hanno avuto successo come il Tirreno di Livorno e la Nuova Sardegna.
Venticinque anni fa Venezia aveva il doppio degli abitanti di oggi. I turisti erano già troppi, anche se ben lontani dai 20 milioni dell’anno 2008. In Consiglio comunale sedevano i big della politica nazionale, da Bruno Visentini a Gianni De Michelis e Gianni Pellicani. Sindaco della giunta di sinistra, il socialista Mario Rigo, che governa da quasi dieci anni. Il Gazzettino è l’unico giornale, punto di riferimento dell’establishment, della Dc di Bernini e Bisaglia, del Psi di De Michelis.
La scommessa è quella di creare un giornale alternativo, che apra un varco sull’informazione monopolista del Gazzettino. La squadra di giovani giornalisti in parte reclutati dallo stesso Gazzettino e provenienti anche da Paese Sera, è guidata da Lamberto Sechi. Direttore gentiluomo di Panorama che aveva fatto del motto «I fatti separati dalle opinioni » il suo programma editoriale.
Suo braccio destro è Emanuele De Polo, esperto caporedattore centrale del Gazzettino allora diretto da Gustavo Selva. Della pattuglia di giornalisti chiamati alla Nuova fanno parte giovani emergenti del giornale concorrente come Mario Lollo, Maurizio Crovato, Gianni Valenti e Beniamino Piro, insieme al capocronista Pierluigi Violin e all’editorialista Sandro Meccoli. Un gruppo di cronisti di Paese Sera (Lucia Visca, Antonella Trentin, Francesco Cioce), professionisti che arrivano da altri giornali come Toni Sirena (dall’Unità), Giorgio Cecchetti (Diario), Enrico Tantucci (Gazzetta di Mantova). E ancora, Jacopo Loredan, Gianluigi Cortese, Beppe Gioia, Cristina De Grandis, Cinzia Nicoletto, Cinzia Sasso, Francesco Lazzarini. Qualche mese dopo arrivano anche Macri Puricelli e Alberto Vitucci.
Come capiredattori ecco altri professionisti oggi diventati direttori dei giornali del gruppo come Stefano del Re, Tiziano Marson, Antonello Francica. La sfida è lanciata. La sede della Nuova, che ancora non ha una redazione in terraferma, è in un palazzetto a tre piani in campo San Lio, a due passi da Rialto, preso in affitto dall’industriale e presidente del Venezia calcio Mario Gatto. L’inizio è promettente, diecimila copie, il giornale è giovane e aggressivo, e prova a sfondare un mercato difficile. Sorretto anche da iniziative editoriali di qualità, come i libri a fascicoli «Come Eravamo », foto storiche della Venezia di fine Ottocento e i Fiumi del Veneto.
Il primo numero, il 18 settembre del 1984, parla di un mondo ormai lontano. Il piano pensioni di Gianni De Michelis, allora giovane ministro dalla chioma fluente, i soliti fondi della Legge Speciale — che anche allora tardavano ad arrivare — il divorzio tra i due «re del remo» Palmiro Fongher e Gianfranco Vianello «Crea». La grafica che oggi sembra datata è per l’epoca all’avanguardia, così come il sistema editoriale ideato da Stefano Petrovich e Carlo Pucciarelli, con la supervisione di Mario Lenzi.
Dopo 6 mesi l’entusiasmo cala, le copie pure. Arriva Paolo Ojetti al posto di Sechi e apre una redazione in terraferma, in via Forte Marghera. La Nuova raggiunge il suo massimo storico, 15 mila copie, giornale aggressivo che comincia a preoccupare la concorrenza. Oggi, 25 anni dopo, La Nuova Venezia è ancora viva e vitale. Unica testata sopravvissuta in casa di un giornale monopolista.
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