Venezia, bandiere a mezz’asta al Vendramin Corner per Anna Chiti. Gli amici portano fiori al Marina
Alle 11 un minuto di silenzio per la studentessa morta, sospese le attività extracurricolari. Gli amici di scuola: «Sorrideva sempre». Sequestrato il catamarano, lunedì mattina nuovo sopralluogo degli investigatori

Bandiere a mezz’asta stamattina, 19 maggio, all’istituto Vendramin Corner di Venezia, la scuola in cui Anna Chiti avrebbe dovuto diplomarsi, il prossimo anno.
I primi ad arrivare sono i docenti, il passo veloce e lo sguardo preoccupato per la giornata che si prospetta, per quelle cinque, sei ore in cui dovranno affrontare i ragazzi, raccogliere le parole e proporre loro una grammatica nuova, per poter esprimere l’assenza della compagna.

Ieri, domenica 18 maggio, il dirigente scolastico Michelangelo Lamonica ha convocato un consiglio straordinario per capire come organizzarsi.Sono state sospese tutte le attività extracurricolari.
Un minuto di silenzio
Alle 11, la campanella suonerà per fare un minuto di silenzio. Intanto, un messaggio di cordoglio è apparso anche sul sito internet dell’istituto.
Alle otto, con il viso ancora stropicciato dal sonno, arrivando anche loro, i ragazzi. Chi da solo, chi in piccoli gruppi, gli zaini che cadono pesanti sulle spalle, sotto il peso dei libri e della giornata.
Le chiacchiere sulle verifiche e interrogazioni del giorno sono state sostituite da ciò che è successo lo scorso sabato sera, si parla solo della tragedia al Marina Sant’Elena, della cima che è costata la vita alla diciassettenne di Campalto.
Il ricordo degli studenti
«Quando ho saputo, sono rimasto sconvolto», racconta Giuseppe che, pur non essendo in classe con Anna, le aveva parlato diverse volte, «e la cosa che mi ha impressionato di più è stato il fatto che l’avevo vista solo qualche giorno prima. E poi è successo».
Gli sguardi smarriti,i ragazzi si guardano intorno, gli occhi corrono sulle bandiere a mezz’asta e si chiedono come sia potuto succedere. La morte ha fatto irruzione nelle loro vite, come un compito in classe a sorpresa e affrontarla, metabolizzarla, sarà la sfida più dura.
«Anna era una di quelle ragazze che conoscevano un po’ tutti, che incontravi spesso in corridoio e sorrideva sempre», aggiunge Alessandro, al quinto anno di Navigazione, lo stesso indirizzo di Chiti. «Avevo avuto modo di conoscerla meglio il mese scorso, in gita a Dublino».
Alessandro, mentre Anna restava impigliata nell’elica del catamarano, era a casa, al Lido, e non gli erano sfuggite le sirene dell’ambulanza e nemmeno il giallo dell’elicottero. «Pensavo fosse successo qualche incidente, poi ho letto che era morta una donna, ma non ci ho fatto caso finché nei gruppi whatsapp non ha iniziato a circolare la notizia».
I compagni di classe arrivano per ultimi, uno stretto all’altro,chi con gli occhiali e chi con un fazzoletto in mano. Qualcuno ha un fiore, avvolto in un foglio a quadretti strappato dal quaderno. Non parlano,tutta la scuola è avvolta nel silenzio. L’espressione contratta nello sforzo di contenere le emozioni che, tuttavia, emergono su quei visi di ragazzini con i primi, timidi, principi di barba. Qualche docente li precede, e i gruppetti dei più piccoli guardano scossi gli occhi umidi che si intravedono sotto gli occhiali da sole. Poi suona la campanella, e non si può più temporeggiare: bisogna affrontare il banco vuoto di Anna.
Gli amici al Marina
«Non è possibile, a 17 anni bisognerebbe pensare alle feste, a divertirsi, agli amici, non ai funerali». Portano piante, mazzi di fiori, biglietti, e chi non ha una busta tira fuori dallo zaino un quaderno e strappa via un foglio su cui tracciare un ultimo saluto.
E, intanto, si parlano sconvolti, distrutti dal dolore, soprattutto increduli: i compagni di classe e gli amici di Anna Chiti, domenica 18 e lunedì 19 maggio, continuavano a sfilare negli spazi del Marina di Sant’Elena, tra la fioriera allestita dalla proprietà per raccogliere gli omaggi e il pontile dove era ancora ormeggiato il catamarano da cui sabato sera, 17 maggio, è caduta la 17enne, lunedì mattina chiuso dai sigilli della procura.

Alle 13 la motovedetta della guardia costiera ha lasciato la darsena con a bordo i collaboratori del pubblico ministero Stefano Buccini, che in mattinata hanno eseguito un’altra ispezione sulla barca e sul molo, lasciandosi dietro il nastro segnaletico bianco e rosso e il cartello che avvisa del sequestro.
Per i tanti amici di Anna, però, quel limite vale poco: toccano la fiancata, si chinano a cercare di capire quale sia stata l’elica che ha portato via il sorriso che conoscevano tanto bene. I ragazzi guardano al lavoro delle forze dell’ordine in un’attesa furiosa: «Se verrà chiarito che lei non doveva essere lì, non doveva fare quello che ha fatto, non allora non ci sarà più più sconcerto, neppure tristezza, sarà solo rabbia», ripete una compagna di classe che continua a interrogarsi sul perché, «perché proprio Anna».
Anche il personale della darsena, che non può esprimersi nel rispetto delle indagini, si lascia sfuggire una parola di dolore condiviso, accompagnata da uno sguardo ferito: «È tremendo, quello che è successo è tremendo».
Sono loro a prendersi cura dei fiori e delle piante, ad allungare l’annaffiatoio ai ragazzi, a concedere loro lo spazio del lutto, assicurandosi che abbiano il tempo e la riservatezza richiesti dalla tragedia. «Ciao Anna, sorridi da lassù per noi, come facevi sempre», il messaggio tracciato su un foglio rubato a un blocco, tempestato di firme.
Fuori dai cancelli del Marina, intanto, le stesse domande rimbalzano attraverso i bar e gli spazi verdi di San’Elena: «Ma quella ragazza, come ha fatto a finire così?», si chiedono i residenti incrociandosi sul portone di casa, trascinandosi dietro la spesa, «Una cima, ma come mai aveva in mano la cima? Si stava legando a una bitta del pontile?». Interrogativi a cui sta cercando di rispondere la Guardia costiera e che ne apriranno altri da rivolgere alla società di noleggio che aveva assunto la ragazza.
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