Omicidio di Gemona, Alessandro Venier progettava la fuga in Colombia per non scontare una condanna

Gli avrebbe impedito l’espatrio, per questo motivo avrebbe affrettato i tempi della sua partenza verso la Colombia. Tra i reati quello di lesioni personali gravi e coltivazione di stupefacenti

Elisa Michellut
Alessandro Venier
Alessandro Venier

Un ragazzo problematico, fin da quando era solo un bambino. Un rapporto burrascoso con la madre, Lorena Venier, e anche con la compagna, Mailyn Castro Monsalvo, che aveva conosciuto durante uno dei tanti viaggi in Colombia.

Era noto da tempo alle forze dell’ordine il nome di Alessandro Venier, l’uomo di 35 anni ucciso e fatto a pezzi nella sua abitazione di via Dei Lotti, a Gemona. Su di lui pendeva una condanna che stava per diventare esecutiva e che gli avrebbe impedito l’espatrio, dopo una serie di piccoli reati commessi in tempi diversi. Per questa ragione, come riferito all’Ansa da fonti investigative, avrebbe affrettato il trasferimento definitivo in Colombia assieme alla convivente e alla loro bambina di sei mesi. Nella fattispecie la condanna era conseguenza del reato di lesioni personali gravi (non causate peraltro per un eccesso di difesa).

Alessandro Venier aveva poi collezionato denunce per coltivazione di sostanze illecite e attività non autorizzate di recupero di residuati bellici. Nel passato, da giovane, alle scuole superiori gli era stato contestato il reato di procurato allarme e quello di minacce. Più tardi sarebbe stato protagonista anche di un episodio violento nei confronti di un ex collega, in paese.

E poi, maltrattamenti di animali e numerosi atti di esibizionismo, alcuni dei quali sono divenuti virali nelle ultime ore, con video che hanno già migliaia di visualizzazioni. Poi, nell’ultimo periodo in particolare, Alessandro Venier aveva iniziato ad essere aggressivo anche in famiglia. I maltrattamenti ai danni della madre e della compagna erano sempre più frequenti. I carabinieri, in quella casa, erano intervenuti più volte.

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