Multa ai ragazzini che giocano a calcio, Poggi: «Viva i bambini che stanno all’aria aperta»

Il pallone è nel dna di Venezia, l’ex calciatore Paolo Poggi ricorda le ore infinite passate con gli amici di Sant’Elena. «Le regole sono sacrosante, ma serve buon senso. Va preservata l’esperienza ludica dei bambini»

Eugenio Pendolini
L'ex calciatore del Venezia Paolo Poggi
L'ex calciatore del Venezia Paolo Poggi

«Per carità, le regole vanno rispettate sempre. Ma allora i bambini cosa dovrebbero fare, rinunciare a giocare?».

Paolo Poggi, ex bandiera del Venezia e anima della scuola calcio del Nettuno Lido, allarga le braccia, quasi rassegnato, di fronte alla sanzione da 50 euro ai quattordici bambini di Murano.

“Colpevoli” di aver giocato a calcio in campo. Loro come migliaia di altri bambini prima di loro. Perché trovarsi in campo con un pallone, a Venezia, è parte integrante del vivere la città. Un vivere che si tramanda di generazione in generazione.

Campo Santa Maria Formosa, campo Santa Margherita, campo dei Gesuiti, campo San Polo, campo San Giacomo: basta attraversare, in un pomeriggio qualsiasi, uno di questi campi per rendersene conto. Bambini al settimo cielo che corrono dietro una palla. E danno un futuro alla città.

E Paolo Poggi, nato a Sant’Elena e diventato calciatore professionista, questo lo sa bene: «La passione per il calcio è stata favorita sicuramente dal posto in cui sono nato, l’isola di Sant’Elena che mi permetteva e ci permetteva, assieme ai miei amici, di giocare a calcio all’aperto ad ogni ora del giorno», dichiarava solo l’anno scorso, al giornalino online del liceo Foscarini, allo studente che gli chiedeva da dove nascesse la sua passione per il calcio.

A stupire Poggi, rispetto alla vicenda dei bambini di Murano, è la facilità con cui si arriva addirittura a punizioni economiche: «Al di là del rispetto delle regole, sacrosante, il punto è che siamo al paradosso. Non può essere solo la scuola calcio a fare educazione motoria ai ragazzi. La regola dev’essere modificata in un’ottica di buon senso e per facilitare il benessere e la crescita motoria dei bambini. Fa sorridere che si multino i bambini con 50 euro e poi non si riesca a fare nulla con i borseggiatori...».

Più in generale, per Poggi è la dimensione del divertimento all’aria aperta che rischia di scomparire.

«Chiaro che in alcuni punti delicati della città non si possa giocare a calcio», continua la bandiera del Venezia, «ma il punto è che ci preoccupiamo più di questi aspetti che non dell’esperienza di gioco e divertimento dei bambini, quasi si preferisse avere degli automi o tenerli seduti su una panchina a guardare il telefono.

Il dovere più grande che abbiamo è di non far perdere il senso della strada ai bambini. Per questo dico che serve buon senso».

Non è la prima volta che una sanzione viene data ai bambini che giocano a pallone.

Nel 2018, alcuni ragazzini erano stati multati per aver giocato in campiello Pisani, nei pressi di campo Santo Stefano.

Ma poco importa, ai ragazzini che continuano con quello che è un gioco e allo stesso tempo quasi un rito identitario. Un osservatore d’eccezione, Hans Nicolussi Caviglia, oggi alla Fiorentina, quando a Venezia incrociava bambini che giocavano sulle rive, si fermava ammirato. Fotografava e postava. Di frequente, anche nel saluto con cui si è congedato dai tifosi dell’Unione. «Grazie ai bimbi con cui ho giocato nei campi», scriveva sotto la foto di un piccolo palla al piede.

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