Tragedia sul lavoro nel Veneziano, Sayed e Ziad avevano già lavorato nella villa
I primi riscontri della Procura sull’incidente sul lavoro a Santa Maria di Sala: i due facchini morti avevano partecipato allo sgombero della villa dove hanno trovato la morte. Disposta l’autopsia

Il giorno della tragedia, non era il primo giorno di lavoro (in nero) nelle pertinenze della grande villa con parco, per i due operai morti per i miasmi delle fosse fognarie che avrebbero dovuto pulire.
La Procura ha accertato che i due rifugiati egiziani da pochi mesi in Italia e ospiti della coop “Un Mondo di gioia” di Mirano - il 39enne Sayed Abdelwahab Hamad Mahmoud e l’appena 21enne Ziad Saed Abdou Mustava - già nei giorni precedenti avevano partecipato alle operazioni di sgombero dell’immobile e del suo grande giardino, che la coop Cssa ha venduto in primavera a una signora.
Quando si è accorta che casa e parco erano ancora ingombre - comprese le fosse fognarie, che si trovano in una pertinenza - la donna ha preteso che la situazione fosse sanata.
Così la coop ha provveduto: ma chi abbia coinvolto anche i due rifugiati egiziani e con quali compiti, ancora non è chiaro e la magistratura su questo punto si sta per ora concentrando.
La proprietà era stata affittata dalla Cssa per due anni, tra il 2020 e il 2022, alla stessa coop Un Mondo di gioia, che ne aveva fatto un centro per rifugiati, per poi trasferirsi a Mirano. Liberato l’immobile, era stato messo in vendita. Nelle operazioni di svuotamento della villa, era impegnata anche una ditta di facchinaggio.
Il terzo uomo presente sulla scena - a sua volta egiziano - sarebbe stato proprio il titolare di quest’ultima impresa, la Paolo Trasporti: è lui ad aver accompagnato i due operai sul posto. La sua ditta è formalmente in regola.
Non lo erano, invece, i due sfortunati rifugiati, che avevano sì i permessi per lavorare, ma non un contratto di lavoro regolare: eppure quel giorno il loro compito è apparso subito chiaro agli investigatori dello Spisal - l’ufficio sulla sicurezza sui luoghi di lavoro - e al pm Giovanni Gasparini che si è recato sul posto: indossavano tute e stivali di gomma, ma non avevano maschere antigas o vestiario né macchinari adeguati per svuotare i residui di quelle vasche maleodoranti, che una ditta di espurgo aveva provveduto a svuotare, ma non completamente.
Aperto il pozzetto - prima l’uno, poi il compagno per aiutarlo - erano stati investiti dai miasmi velenosi: quando i vigili del fuoco si sono immersi per recuperare i corpi - lavoro pericoloso per gli stessi pompieri - hanno trovato tubature ostruite, stracci, rifiuti di ogni genere.
La Procura ha, intanto, affidato l’autopsia alla medico legale Giorgia Franchetti: l’affidamento dell’incarico è in programma per lunedì e dovrà stabilire le cause della morte. Certamente - ai fini dell’inchiesta per omicidio colposo, primo reato per ora iscritto dalla Procura di Venezia - non c’è differenza se queste due morti sul lavoro (nero) siano avvenute per asfissia o annegamento, ma si vuole comunque avere un quadro completo di quanto avvenuto ed escludere che, magari per uno dei due uomini, il decesso sia arrivato per un infarto.
È così possibile che in questi giorni - in vista dell’autopsia di lunedì - vengano iscritti alcuni indagati al registro, per permettere loro di nominare propri consulenti medico legali. Al momento la domanda non ha ancora risposta: chi ha mandato i due uomini al lavoro e verso la morte?
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia