Nonnismo contro Giulia Schiff, assolti tutti gli otto ex commilitoni
La vicenda del’ex allieva pilota di Mira. Otto commilitoni accusati di frustate in un rito di iniziazione al volo, per il giudice di Latina il fatto non sussiste

Violenza privata e lesioni personali ai danni dell’ex allieva pilota Giulia Schiff? Tutti assolti perché il fatto non sussiste.
È la sentenza pronunciata dal giudice monocratico del tribunale di Latina, Mario La Rosa, nel processo che vedeva imputati otto ex allievi piloti dell'aeronautica militare accusati dall’ex collega Giulia Schiff, originaria di Mira. Il pubblico ministero Antonio Sgarrella chiedeva la condanna a un anno di reclusione ciascuno. I fatti risalgono al 2018, quando si tenne il cosiddetto “battesimo del volo” della giovane all’aeroporto militare “Enrico Comani” di Latina, sede del 70° Stormo.
Un rito in cui, secondo l’accusa, Giulia Schiff fu colpita con decine di frustrate con dei fuscelli, ma anche spinta contro l’ala di un aereo e, infine, gettata in una piscina. «Anziché prendere parte a un rito che dovrebbe essere stupendo, iniziai a essere frustrata con dei rami di alloro», ha riferito in aula durante il processo l’ex allieva pilota, costituitasi parte civile con l’avvocato Massimiliano Strampelli.
«Le frustrate erano dolorose, sentivo un fortissimo bruciore dove mi avevano colpito». Anche per l'avvocato Massimiliano Strampelli quel rito «ha rappresentato una vera e propria Via Crucis per Giulia». La parte civile aveva chiesto anche il risarcimento del danno esistente pari a 60 mila euro per la Schiff. Ma il giudice del Tribunale di Latina ha deciso diversamente.
Il reato di lesioni è stato poi derubricato in percosse e non procedibile per tardività della querela (che deve essere fatta entro 90 giorni da quando il fatto è stato commesso). Grandissima la soddisfazione di Michela Scafetta, avvocato del collegio difensivo. La difesa ha sempre sostenuto infatti che in quel rito vi fosse il consenso dell’ex allieva pilota.
«Abbiamo trovato un giudice estremamente equilibrato», spiega Scafetta, «e che ha guardato l’istruttoria dibattimentale, e non certo quella che è stata l’accusa. Siamo tutti molto soddisfatti per l’assoluzione piena, e parlo a nome di tutti i colleghi. I ragazzi sono sempre stati sereni: certo, erano un po’ preoccupati, ma l’aeronautica è sempre stata loro molto vicino».
Scafetta si toglie anche qualche sassolino. «La sentenza del Tribunale di Latina», dice, «dimostra ancora una volta, che i processi si fanno nelle aule dei Tribunali e non mediaticamente». L’allusione è alle diverse trasmissioni televisive che negli anni hanno sostenuto in modo evidente le tesi della Schiff. Per l’avvocato dello Stato, Maurizio Greco si tratta di «una assoluzione nel nome dell’Aeronautica militare».
Fortissima la delusione della Schiff che non ha voluto commentare. «Evidentemente», dice l’avvocato Massimiliano Strampelli, «il tribunale ha ritenuto che questo rito presentasse i crismi della liceità, sostanzialmente confermando ciò che aveva già valutato la commissione d’inchiesta dell’Aeronautica militare. Aspettiamo le motivazioni della sentenza per capire se ci sarà modo di impugnare». Un eventuale ricorso in appello però, si fa capire, pare difficile. Perché incombe la prescrizione.
Giulia Schiff da poco è mamma. Ora vive in Israele con il marito, ucraino–israeliano con il quale ha combattuto nella guerra contro la Federazione russa. Si è anche occupata di fornire aiuto alla popolazione civile ucraina attraverso una Ong e poi, dopo essersi sposata con rito ebraico in Veneto, si è trasferita in Israele.
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