Violenze carcere, fu agente San Vittore l'autore frase choc

"Li abbattiamo come vitelli", frase ritenuta preludio violenze

(ANSA) - NAPOLI, 05 LUG - Il messaggio in chat "li abbattiamo come vitelli" non è stato scritto da agenti in servizio al carcere di Santa Maria Capua Vetere o comunque da altri poliziotti penitenziari che hanno partecipato alla perquisizione straordinaria nel carcere casertano poi degenerata in violenze il 6 aprile 2020 ma da un poliziotto penitenziario in servizio al carcere milanese di San Vittore, che non ha preso parte ai pestaggi. La circostanza è emersa nell'udienza di qualche giorno fa del maxi-processo in corso all'aula bunker del carcere sammaritano - 105 gli imputati tra agenti penitenziari, funzionari del Dap e medici dell'Asl di Caserta - durante l'esame del teste di polizia giudiziaria Felice Izzo, ufficiale dell'Arma che ha realizzato le indagini su delega della Procura di Santa Maria Capua Vetere (pm Alessandro Milita, Alessandra Pinto e Daniela Pannone), inserendo quei messaggi trovate nelle chat di gruppo nelle informative di reato su cui si è poi basata la Procura per le proprie determinazioni. Si tratta di parole scritte in una chat il 5 aprile 2020, la sera prima dei pestaggi, e ritenute utili dalla Procura anche per dimostrare che tra gli agenti c'era già l'intenzione di agire e punire i detenuti, cosa che poi il giorno dopo puntualmente avverrà. Determinanti per far emergere il particolare sono state le domande poste al teste dagli avvocati Carlo De Stavola, Edoardo Razzino e Roberto Barbato, difensori di alcuni imputati, che hanno fatto emergere come la frase sui vitelli fosse in una chat nel cellulare di uno degli agenti in servizio al carcere casertano, l'imputato Leonardi, ma che a scriverla sia stato un poliziotto penitenziario in servizio al carcere milanese di San Vittore, che dunque nè era a Santa Maria Capua Vetere nè ha preso parte alla perquisizione straordinaria; una chat con 38 partecipanti, di cui solo Leonardi in servizio nel carcere casertano. (ANSA).

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia