Reichardt, O' Connor per un antieroe egoista ed attuale

In The mastermind, storia del furto a un museo, in sala da 30/10

(ANSA) - ROMA, 27 OTT - A qualche giorno dall'arresto di due sospetti responsabili del 'colpo del secolo' al Louvre, arriva sul grande schermo The Mastermind della regista Kelly Reichardt, su un furto compiuto negli albori degli anni '70 in un museo della provincia americana. Il film, con Josh O'Connor mattatore, aveva debuttato in gara all'ultimo Festival di Cannes ed è in arrivo nelle sale italiane il 30 ottobre distribuito da Mubi. Per la regista, voce da oltre 30 anni del cinema Indie americano, lo spunto è reale: il furto nel 1972 al Worcester Art Museum in Massachusetts compiuto da due uomini armati, che portarono via, sparando anche a una guardia, quattro dipinti, firmati da Gauguin, Picasso, e un allievo di Rembrandt, tutti recuperati dopo un mese. La cineasta inserisce nella storia di un furto simile ma meno glamour come bottino, una mente più autodistruttiva che brillante: "Ho usato il prototipo di antieroe della Nouvelle vague hollywoodiana e francese: un bell'uomo - dice la regista all'ANSA - che fluttua e vive per se stesso. Nonostante tutto, il pubblico in quei film continuava ad amarlo alla fine. Mi chiedevo come si fosse evoluto questo tipo di uomo, se anche oggi avrebbe suscitato la stessa reazione". Il film che ha fra gli interpreti anche Alana Haim, Gaby Hoffmann, John Magaro, Hope Davis e Bill Camp è ambientato in una cittadina del Massachusetts di inizi anni '70 tra guerra in Vietnam e l'inizio del Watergate. Protagonista è J.B. Mooney (O' Connor), ex studente d'arte, falegname disoccupato, sposato a Terri (Alana Haim) e padre di due figli ancora piccoli, che ha una vita parallela da ladruncolo d'arte. Quando gli viene in mente l'idea di un un piano 'infallibile' per un furto in un museo locale, ricorre a due abituali complici per portarlo a termine. E' l'inizio dello sgretolamento delle false apparenze per Mooney. Lui è "talmente preso da se' da ignorare la catastrofe della società in cui vive, è semplicemente rinchiuso nel suo mondo e cerca di capire come arricchirsi" spiega Reichardt. E' un personaggio che mente continuamente, sottolinea la cineasta. "Oggi vediamo come andando avanti a furia di bugie si possa arrivare anche alla presidenza (degli Stati Uniti, ndr)". Reichardt ha scelto di ambientare il racconto a inizio ad anni '70 "perché era un mondo in profondo cambiamento, molto polarizzato, come quello di oggi. Non ho pensato in realtà a fare paralleli mentre giravo, ma è evidente. Ad esempio non avrei mai immaginato di vedere la Guardia nazionale inviata a Chicago o nella città dove vivo, Portland". (ANSA).

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