Ponte Genova: pm, chi gestiva era 'medico' e doveva curare

"Doveva fare dovuti accertamenti e aveva compito di capire"

(ANSA) - GENOVA, 09 LUG - Chi aveva in gestione il ponte Morandi (14 agosto 2018, 43 vittime) era come "un medico che aveva il compito e il dovere di capire e fare dovuti accertamenti. Non poteva fermarsi al pre-giudizio, come un paziente, che 'i ponti crollano'". Così il pubblico ministero Marco Airoldi nel corso della requisitoria del processo a carico di 57 imputati. Già nel 1975 l'ingegnere Zanetti lanciò i primi allarmi dicendo che "il ponte non stava bene. Che non era sano come un pesce". E lo stesso ingegnere Morandi, nel 1981, "vide che l'opera, in meno di dieci anni, aveva già dei problemi. Scrive, nella sua relazione, che i segni di degradazione appaiono diffusi in tutta l'opera". Il padre dell'opera non si limitò solo a indicare l'ammaloramento, ma "indicò una serie di azioni da fare. Disse di andare a controllare i cavi, di andare a fare i raggi X". Dunque, ha sottolineato il pm, "il problema andava gestito, non abbandonato, accantonato. Il concetto di base trasmesso da Morandi e che doveva essere noto a chi si occupava del ponte era che bisognava controllare i cavi". E, invece, a causa del "bias cognitivo, dell'illusione che 'i ponti non crollano', non si è fatto quasi nulla per quanto riguarda le attività di sorveglianza e manutenzione. Le difese dicono che quello del 14 agosto 2018 è stato un disastro imprevedibile ma le avvisaglie c'erano eccome e da anni". (ANSA).

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