Guggenheim, "Museo dolce museo": quando l’arte è famiglia

La Collezione Peggy si trasforma nella casa del visitatore  

VENEZIA. Vivere un museo di arte contemporanea con una frequentazione quasi familiare, intima, considerandolo “uno di casa”. È la vocazione dichiarata di una fondazione internazionale come la Peggy Guggenheim che, nel 2017, ha superato i 427 mila visitatori, ma che alla vigilia dell’inaugurazione della mostra dedicata a Marino Marini - quasi il simbolo della collezione, con il suo cavallo in riva al Canal Grande - dichiara l’ambizione di voler allargare la cerchia dei suoi soci: visitatori non occasionali, ma persone amanti dell’arte, famiglie alle quali aprire le stanze della casa che fu di Peggy, come fossero anche le “loro” stanze, coccolandoli con il piacere di andarci di tanto in tanto anche solo per la magnifica vista dalla terrazza sul Canal Grande; offrendo loro l’esperienza esclusiva di incontri con studiosi capaci di raccontare il dietro le quinte di un quadro per quanto celebre possa essere; oppure per portare i bambini a giocare con l’arte e così imparare ad amarla. E, ancora, avere tutti per sé i curatori delle mostre per visite in notturna, quando il museo è chiuso e l’esperienza totale. O appassionarsi ancor più alla storia dell’arte contemporanea con le lezioni del ciclo “Art classes”.

È l’esperienza che la fondazione ha già legato con 1300 soci, che ora spera di veder crescere ancora. E non si pensi a un club d’élite: la tessera BeYoung per gli uder26 anni costa 19 euro, 39 BeOpen (entrambe danno diritto anche a ingressi in 10 grandi musei italiani di arte contemporanea, oltre al libero accesso alla fondazione, visite, incontri dedicati). Chi poi decide di essere membro Individual con 80 euro ha diritto anche a inaugurazioni e cataloghi. C’è la Family Card (80 euro) per ingresso a tutta la famiglia, attività dedicate, sconti per i Kids Day, laboratori a misura di bambino, quest’anno dedicati alla magia.

«Siamo molto orgogliosi di 427 mila visitatori che la collezione, le nostre mostre e iniziative hanno avuto nel 2017», racconta Karole Vail, neo direttrice della fondazione e nipote della grande mecenate, «ma i nostri soci sono importanti come i visitatori, amano Peggy, credono in noi e sostengono le nostre attività». «Con i soci si crea un rapporto quasi familiare. Ci si vede e rivede al museo, si creano sinergie, di diffonde l’amore verso questa collezione e l’arte», raccontano a una voce Martina Pizzul Chiggiato e Caterina Briolini, che seguono il Dipartimento Membership. Le attività si rincorrono: l’Art Classes per 100 iscritti, i laboratori per bimbi da 4 a 10 anni “Be magic”, le visite guidate con i curatori. «Il 60 per cento dei soci sono veneziani, ben 200 famiglie», raccontano ancora le molte donne che si prendono cura della fondazione Guggenheim. «ma abbiamo anche persone che vengono da altre regioni d’Italia e arrivano a Venezia proprio per le inaugurazioni o le lezioni d’arte. Speriamo che questo senso di appartenenza dei soci al museo possa crescere ancor più».

Intanto, il 2018 porterà nuove mostre: dopo la personale di Marino Marini, i foto-collage di Josef Albers in Messico; una personale su Osvaldo Licini. E un appuntamento dedicato a quella prima, fatidica volta di Peggy a Venezia: «La Biennale del 1948 fu come strappare una bottiglia di champagne«, disse il segretario Vittorio Carrain, «per la prima volta si videro Mondraine, Brancusi, Kandinsky, Ernst e Giacometti, nella collezione di Peggy al Padiglione Greco».

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