Viaggio nei sestieri con un bloc notes e macchina fotografica

Esce l’ultima fatica di Aldo Rossi, pensionato di Cannaregio che pubblica a sue spese guide molto originali della città
Ai tempi di Internet e Google map, lui preferisce il bloc notes e la macchina fotografica. Dove annota per appunti e per immagini i particolari di una città che spesso sfugge al frettoloso turista giornaliero e alle guide ufficiali. Aldo Rossi è un pensionato di Cannaregio, che da sempre ama gli studi storici, coltiva la passione per l’arte e la storia della sua città. Qualche anno fa ha messo in cantiere un ambizioso progetto editoriale autofinanziato. “Un sogno chiamato Venezia” è un viaggio meticoloso in sei puntate – ognuna dedicata a un sestiere della città d’acqua – alla ricerca delle meraviglie veneziane. Esce in questi giorni l’ultima fatica della serie, dedicata ai due sestieri «minori», cioè San Polo e Santa Croce. Da Rialto a piazzale Roma per la riva de ultra, cioè quella dalla parte opposta di San Marco e della sua Basilica. 250 pagine, dense di immagini e curiosità, che portano il viaggiatore _ ma anche il veneziano troppo abituato e poco attento alle sue bellezze di casa _ attraverso la storia. Ponti, calli e campielli, palazzi, chiese, toponimi che segnano la storia nell’origine dei mestieri praticati in quei luoghi. Come la Pescheria e il campo delle Beccarie (dove operano i macellai), le calli degli Spezieri e dei marangoni (i falegnami), dei luganegheri e del manganer, la Ruga degli Oresi con l’arte orafa. Ma anche le Scuole dei Calegheri e dei Tiraoro e Battiloro.


«Un atto di coraggio, ma anche un atto di amore per la mia città», lo definisce Rossi, «Perché ho voluto fare l’ennesimo libro su Venezia? Perché in questa mia fatica propongo di percorrerla tutta, passo dopo passo, piano piano, anagrafico per anagrafico, alzando e abbassando gli occhi e lo sguardo a scoprire tracce, memorie, curiosità». Che sicuramente non mancano in una città come Venezia. Il punto di vista dunque è diverso. Non una guida per turisti, ma un “suggerimento” che viene da chi qui è nato e ci abita tuttora.


Ecco allora le insegne e gli stemmi nobiliari, i bassorilievi e le patere. I sotoporteghi, passaggi sotto le case, architettura tipica di una città densamente edificata, i barbacani che consentono di avere il piano stradale più largo, sostenendo le sporgenze degli edifici nelle strette calli. I segni dell’architettura di mille anni, con le polifore gotiche e gli archi acuti, e poi gli archi tondi rinascimentali, il miscuglio di stili della chiesa di San Polo, il moderno accanto all’antico.


Il sestiere di San Polo comincia giù del ponte di Rialto, dove era il cuore della vita commerciale e delle magistrature della Serenissima. Dunque il mercato, il Bancogiro, prima banca sui generis per i prestiti ai mercanti, i palazzi dei Camerlenghi e dei Dieci Savi, la chiesa più antica della città, la medievale San Giacometo. I palazzi Soranzo e Mocenigo, le Carampane dove la Repubblica aveva confinato nel Cinquecento le prostitute e le cortigiane, sempre più numerose. E il grande complesso di San Rocco, chiesa e Scuola Granda accanto alla gotica basilica dei Frari. Santa Croce è il sestiere più piccolo, e anche quello che ha subito negli anni le maggiori trasformazioni, collegamento con piazzale Roma e dunque con la terraferma. Il Fondaco dei Turchi e i suoi restauri dell’Ottocento che lo hanno in parte manomesso, i Tolentini e Papadopoli, San Giacomo dall’Orio e San Simeon. Un viaggio in una Venezia solo in parte conosciuta. Spiegata con semplicità e precisione da un veneziano che non ha mai smesso di amarla.


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