Venezia, libreria chiude e arriva un ristorante

Il fondatore, il francese Dominique Pinchi, getta la spugna dopo 40 anni: «Nessuno tutela più questi luoghi di cultura»
Di Alberto Vitucci

Un'altra luce si spegne nella città della cultura. Lo avevano annunciato qualche settimana fa, sperando nel miracolo. Adesso la Libreria Francese di San Giovanni e Paolo ha definitivamente chiuso i battenti. Al posto di saggi e libri d'arte in Barbaria de le Tole, di fronte alla chiesa dell'Ospedaletto, vetrine disadorne e stanze vuote. Al posto della celebre libreria, centro di cultura e luogo di incontro per editori, artisti, case editrici, nota anche all'estero e in particolare in Francia, sta per aprire l'ennesimo ristorante turistico. «Abbiamo deciso di chiudere, dopo 40 anni di attività», dice il fondatore Dominique Pinchi, musicista, pittore e studioso d'arte che aveva cominciato l'avventura nel 1976, «quando ci è stato reso impossibile continuare. Un ultimo atto di dignità è stato programmarne la fine».

L’appello rivolto a Comune e governo a salvare uno degli ultimi luoghi culturali privati della città è caduto nel vuoto: dalla politica e dalle istituzioni nessun segnale. «La politica si è rivelata insensibile a salvare un luogo che non era solo una bottega, ma vivificava la città e l'intero quartiere», denuncia Picchi insieme alla socia Ornella Caon, «e ciò ha consentito la fine di un frammento vivo di cultura».

Negli anni la Librerie francais di San Giovanni e Paolo ha avuto come clienti e sostenitori personaggi come il presidente Mitterrand, l'ex ministro Jack Lang, gli scrittori Alain Peyrefitte, Marc Alyn e Philippe Sollers. Il ministro alla Cultrua francese Aillagon aveva conferito a Pinchi la prestigiosa onorificenza di Officier des arts e letters. Studioso e scrittore lui stesso, aveva pubblicato un volumetto sull'arte rinascimentale a Venezia dal titolo “A che santo votarsi”, con teorie inedite e rivoluzionarie sui dipinti di Bellini, Carpaccio, Giorgione. Ma anche un gran numero di testi inediti sulla città e le sue meraviglie artistiche, tradotti in francese. Una libreria, ma anche una piccola casa editrice con molti sostenitori Oltralpe. Dominique e Ornella non sanno darsi pace. «La città si sta trasformando e questo è grave», dicono, «ma la cosa terribile è che un'altra libreria non esiste più. Se un libraio non semina semi di cultura per far nascere alberi, la perdita è irreparabile. Mi chiedo perché nessuno pensi a tutelare questi luoghi di cultura, come si fa con i musei e le chiese. Lo Stato e i Comuni potrebbero farlo, invece tutto sparisce nel silenzio generale. Il sistema di produzione delle idee e della cultura è parte integrante del capitale di una nazione. Abbiamo cercato di promuovere la coscienza e la memoria di questa città degradata. Non ci siamo riusciti, anche per l'insensibilità della politica che accetta questo processo di distruzione e commercializzazione al ribasso. A questo punto non resta che invocare San Girolamo perché vegli sull'editoria cartacea e sui librai, ambasciatori di cultura». Del patrimonio custodito nei locali della Librerie francais non resta più nulla.

Molti libri sono stati acquistati in svendita gli ultimi giorni, altri adesso sono a casa di Dominique e Ornella. Librai storici che hanno dovuto arrendersi al turismo.

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