Un trombo lo condanna a morte salvato dal genio del chirurgo

Mirano. Renzo Giora, 78enne di Spinea, non poteva essere sottoposto alla terapia anticoagulante Il capo dell’equipe medica ha utilizzato una retina per deviare il coagulo. È il primo caso al mondo
Di Filippo De Gaspari

MIRANO. Strada sbarrata al trombo, che così non può raggiungere il cervello e uccidere. Eccezionale intervento a Mirano, nella Cardiologia che fu di Pietro Pascotto: l’equipe medica diretta da Salvatore Saccà utilizza un filtro per deviare un coagulo di sangue, salvando la vita a un paziente dato ormai per spacciato. Si apre così grazie ai cardiologi di Mirano e ai cardiochirurghi di Mestre una nuova sperimentazione clinica che diventerà oggetto anche dei prossimi simposi internazionali di interventistica cardiovascolare, l’EuroCpr di Parigi e l’Esc di Roma. Un caso destinato a far scuola, primo del genere in Italia e, pare, anche al mondo.

A raccontarlo è lo stesso paziente, Renzo Giora, 78 anni di Spinea. «Mi è stata offerta una seconda possibilità di vita», afferma, «devo tutto ai medici che mi hanno operato trovando un’alternativa unica per la mia patologia». Il signor Giora soffriva di una fibrillazione atriale che di solito viene curata con una terapia anticoagulante, per evitare che si formino trombi che dal cuore possono raggiungere il cervello, provocando ictus fatali. «Il signor Giora», spiega Saccà, «non aveva però via d’uscita, perché intollerante alla terapia anticoagulante. Anche la possibilità di mettere un “tappo” per chiudere l’auricola ed evitare così la fuoriuscita di eventuali trombi, non era possibile nel suo caso perché nel frattempo il trombo si era già formato». Di fronte al caso disperato, in Cardiologia a Mirano è cominciato il conto alla rovescia, con tempi strettissimi per escogitare un’alternativa di cura valida. «Mi sono ricordato di un nuovo filtro, una specie di retina che viene impiegata per proteggere i vasi cerebrali durante l’impianto di una valvola cardiaca», spiega Saccà, «ho chiamato la ditta che lo produce per confrontarmi e capire se la mia idea di impiegare la retina in una maniera innovativa poteva essere fattibile. Sono apparsi entusiasti e ce l’hanno pure regalata».

L’intervento, eseguito da Saccà insieme all’ecografista Marco Michieletto e all’anestesista Roberto Rapisardi, col supporto dei cardiochirughi di Mestre Stefano Cisico e Antonio Cannarella diretti dal primario Domenico Mangino, è stato possibile dopo un periodo di prova per imparare la procedura: entrati con un sondino transcatetere attraverso l’arteria femorale, hanno raggiunto e ancorato la retina sull’arco aortico da cui nascono le arterie che portano al cervello. Ora, se mai il trombo dovesse uscire dalla auricola sinistra del cuore, non potrà salire verso l’arco aortico che porta al cervello, ma solo scendere verso le gambe o i vasi viscerali, con un intervento che presenta molti meno rischi per il paziente.

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