Ultraleggero caduto a San Stino, proprietari non responsabili
Nell’incidente aereo del 4 giugno scorso era morto il pilota Enos Gaiga di 53 anni. Per il perito della Procura il velivolo è precipitato a causa della velocità e del vento

SCATTOLIN - TOMMSAELLA - SSTINO - DELTAPLANO PRECIPITATO
SAN STINO. Quindici secondi dopo il decollo dall’aviosuperficie di San Stino l’imprenditore Enos Gaiga, 53 anni, nativo di Udine e residente a Vigonovo di Fontanafredda, precipitò sotto gli occhi degli amici con l’ultraleggero e morì nell’impatto. Erano le 18.15 del 4 giugno. La perizia del pm scagiona sotto il profilo tecnico i proprietari del velivolo, indagati per omicidio colposo.

Enos Gaiga
Il pendolare Aeros, velivolo a motore, era stato prestato a Gaiga quel giorno per un volo di prova da una coppia portogruarese: Micaela Crisma, 51 anni, proprietaria del velivolo e Stefano Casonato, 51 anni, originario di San Vito al Tagliamento. Proprio Casonato ha dichiarato agli inquirenti di aver chiesto a Gaiga se volesse provare il nuovo acquisto della compagna e dargli un giudizio.
L’imprenditore di Fontanafredda, infatti, era un pilota esperto di pendolari, nonché inventore e costruttore di velivoli, come la barca volante. Così si erano dati appuntamento all’aviosuperficie Parco Livenza il 4 giugno.
Casonato stava filmando il volo dell’amico quando l’Aeros prima ha compiuto prima una virata a sinistra, poi una a destra con il motore a pieni giri. L’ultraleggero ha perso quota, toccando un albero con una semiala e abbattendosi violentemente a terra, nel giardino di una casa.
Il pm Federico Facchin ha affidato al consulente tecnico Achille Mannini l’incarico di accertare le cause dell’incidente e gli eventuali profili di responsabilità. Gli indagati, difesi dall’avvocato Alessio Pagnucco, si sono affidati al perito di parte Erich Kuchstatcher, i familiari della vittima all’ingegner Ciro Ciotola.
Secondo Mannini l’Aeros è caduto innanzitutto perché è diminuita la velocità relativa al vento e nel contempo è aumentato il carico alare in virata stretta. Nel gergo tecnico si chiama “scivolata d’ala”. Di fatto la combinazione di questi due fattori ha reso l’ultraleggero incontrollabile.
Il consulente del pm ha evidenziato anche una serie di concause ambientali e tecniche: un vento abbastanza sostenuto, con raffiche sui 30-40 chilometri orari (condizioni severe anche se non proibitive però per un pilota esperto); il fattore umano nel senso di una sottovalutazione del pericolo; il sovraccarico alare; la probabile rottura per fatica di uno dei quattro bulloni di collegamento fra il motore e il castello. Perché si è rotto il bullone? Il consulente del pm ha ipotizzato che sia successo per effetto del carico generato dalle raffiche e dalle manovre del pilota su un bullone però già criccato. Se c’è stata, tuttavia, la rottura, non ha causato un problema statico, secondo Mannini, ma ha solo influenzato la guida dell’ultraleggero già in picchiata.
Il perito della Procura ha pertanto escluso la responsabilità dei due indagati Crisma e Casonato, nonché dei costruttori del pendolare e del motore. I proprietari, infatti, hanno curato la manutenzione del motore, acquistato solo il 2 aprile. Non aveva mai dato segnali di malfunzionamento.
Mannini ha specificato inoltre che l’aviosuperficie Parco Livenza risponde ai regolamenti vigenti. Era uno dei quesiti posti dal pm Facchin, al quale ora spetterà la valutazione finale.—
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