Terry, lo strano incendio del 2013 nel cantiere che allestiva lo yacht

Il rogo ad Ancona 4 giorni dopo che il proprietario aveva chiesto di vedere come proseguivano i lavori



C’è un altro incendio dal quale lo yacht Terry è riuscito a salvarsi e che, alla luce di quanto portato alla luce dall’omonima inchiesta della procura antimafia di Venezia e dei carabinieri del Ros, potrebbe essere oggetto di ulteriori approfondimenti. L’incendio risale al 3 settembre 2013, e riguarda il cantiere nautico in provincia di Ancona dove la barca era stata trasferita per perfezionare l’allestimento e dove, pochi giorni prima, l’imprenditore Luigino Pagotto, che l’aveva acquistata, aveva chiesto di accedere per controllare lo stato di avanzamento della sua imbarcazione. Come noto Terry è il nome dell’imbarcazione che l’imprenditore svizzero Luigino Pagotto ha ricevuto, nel maggio del 2014, dal cantiere Crosera di Quarto d’Altino, gestito da Francesco Crosera. Barca dal valore di circa 2 milioni che però presenta subito vari difetti: la zona poppiera andava sott’acqua, non era in gradi di raggiungere la velocità stabilita, arredi che si staccavano. Per tutti questi motivi Pagotto chiese il conto all’imprenditore Crosera avviando un lodo arbitrale per stabilire, attraverso gli accertamenti tecnici di periti, l’esatto ammontare dei danni (l’arbitrato, che si è concluso alla fine dell’anno scorso, ha valutato il danno in circa 700 mila euro).

L’inchiesta dei Ros ha accertato che Crosera si è rivolto alla famiglia dei Multari, in particolare a Domenico, originari di Cutro, in Calabria, ritenuto dagli investigatori vicino alla famiglia ’ndranghetista Grande Aracri, per bruciare il motoscafo così da non dover sborsare i soldi per l’arbitrato. Nel 2015 l’incendio, in Sardegna, riuscì a bruciare solo una parte dell’imbarcazione, provocando danni per 300 mila euro. In varie occasioni, nel 2017, non andarono invece a buon fine alcuni tentativi di incendio perché i Ros - che stavano tenendo sotto controllo Crosera e i membri della famiglia Multari - fecero spostare lo yacht in un posto sicuro, inavvicinabile per potergli dare fuoco. Crosera sapeva bene che probabilmente avrebbe perso l’arbitrato perché, come emerge da una intercettazione con la sorella Rosalba, era ben consapevole dei problemi dell’imbarcazione. A questi incendi o tentativi se ne aggiunge un altro segnalato come degno di approfondimento nella querela presentata dall’avvocato dell’imprenditore Pagotto, Daniele Solinas, nel dicembre del 2017 alla procura di Venezia, elencando una serie di episodi successi durante tutta la lunga fase del rapporto stragiudiziale e del lungo arbitrato ritenuti meritevoli di attenzione da parte della procura. Il 30 agosto del 2013 Pagotto, che aveva già pagato più della metà della barca, chiese di accedere al cantiere nautico di Monteraldo, in provincia di Ancona, incaricato dell’allestimento della barca. Pagotto aveva dei dubbi su come stavano procedendo i lavori, e si presentò al cantiere con l’avvocato Barbara Morassut, che poi l’avrebbe assistito nell’arbitrato, e un perito. I rapporti con Crosera erano già difficili, e si era già aperta una fase stragiudiziale.

Dopo una lunga trattativa, l’accesso al cantiere, e alla barca, fu autorizzato solo nel pomeriggio con l’obbligo, però, di non scattare fotografie. Pochi giorni dopo si verificò incendio che distrusse una buona parte del cantiere nautico, dal quale però riuscì a salvarsi la barca Terry. E’, ricostruendo i tasselli di un puzzle che sembrava essere sempre più chiaro, che nel dicembre del 2017 Pagotto presenta querela alla procura di Venezia segnalando anche il rogo di Ancona. Per l’incendio del 2015 Pagotto aveva invece presentato querela alla procura di Sassari ma l’indagine era stata archiviata per l’impossibilità di dare un nome e cognome - ci riuscirà poi la procura di Venezia - alle due persone che, nelle immagini delle telecamere di sicurezza della darsena, si vedevano avvicinarsi allo yacht per dargli fuoco. —



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