Sda, la protesta dei lavoratori degli appalti

I dipendenti alla sede in via dell’Elettricità: «turni spezzati, stipendi a rate e niente Tfr. C’è chi avanza 7mila euro»

«Turni spezzati, stipendi che arrivano a rate, la promessa del Trattamento di Fine Lavoro che non viene mai accreditato». A protestare ieri pomeriggio in via dell’Elettricità, un gruppo di una quindicina di lavoratori – molti dei quali immigrati – che lavorano negli appalti della società di spedizione espresse nazionali, Sda, controllata da Poste Italiane.

In realtà nemmeno loro capiscono più per chi lavorano in ultima analisi, come spiega Karim, della Sierra Leone. «Faccio questo mestiere da dieci anni» spiega «ma ho vissuto sulla mia pelle tanti di quei passaggi di cooperativa, società e via dicendo, che anche io fatico a districarmi. I miei colleghi sono qui ancora da più anni di me e hanno cambiato reparti e appaltanti». La maggior parte sono magazzinieri e facchini, Karim invece si occupa dei codici dei pacchi. «La Sda ha un contratto con un consorzio di piccole cooperative, TMG, ma noi siamo passati da una azienda all’altra, rimanendo senza Tfr. L’ultima era la D&B. Abbiamo fatto accordi mediante i sindacati, la Uil Trasporti ci ha dato una mano, ma poi anche questa piccola società se ne è andata. E via un altro accordo per un nuovo passaggio perché a sua volta il consorzio non pagava loro. Adesso a doverci pagare è la Logic Service, che non rispetta le date dei pagamenti, ci corrisponde il dovuto a rate, dice che non ci può pagare. Alcuni di noi avanzano 6 mila, 7 mila euro, altri di più». Racconta ancora: «E noi siamo davvero stufi perché non abbiamo garanzie, dobbiamo mantenere la famiglia, abbiamo un contratto spezzato, lavoriamo di notte, poi torniamo a casa, ricominciamo il pomeriggio fino a notte. Molti di noi sono impegnati in mansioni delicate, usuranti, faticose, lavorano con i bancali, scaricano camion, ma nessuno ne tiene conto. Non ci sono le condizioni basilari».

Chiarisce: «Vogliamo dipendere da Sda direttamente o da TMG, ma non essere scaricati ogni due anni a una diversa cooperativa che non si regge, non ci paga, non ci rispetta, noi vogliamo qualcuno che risponda dei mancati pagamenti e che capisca come ci trattano, è ora di fare chiarezza perché lavoriamo sotto le poste». «Siamo stufi di queste ditte fantasma, di queste cooperative che si scaricano la colpa l’una con l’altra, siamo persone» spiega un magazziniere, anche lui straniero. I lavoratori hanno incrociato le braccia dalle 16 alle 17, poi sono stati chiamati dall’azienda: «Ci hanno detto che hanno fatto il pagamento, dovrebbe entrare in valuta domani, ma noi non ci fidiamo più». —

Marta Artico

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