Schianto sull’A4 senza colpevoli L’incidente provocò sette morti

TREVISO. Sette morti. Quasi cinque anni di indagini. Dodici indagati. E, ora, nessun colpevole. Il giudice per le indagini preliminari ha archiviato il fascicolo che conteneva i nomi dei dodici indagati per lo schianto mortale in autostrada A4 dell’8 agosto 2008 a Cessalto, accogliendo la richiesta del pubblico ministero. Una tragedia fatale, insomma, e nessuno poteva fare qualcosa per evitarla. Quel terrificante schianto in autostrada, con il drammatico salto di carreggiata di un camion impazzito resterà senza colpevoli. Non hanno responsabilità i vertici di Autovie Venete, né l’azienda di trasporti proprietaria del camion, né ancora la Iveco (gruppo Fiat), produttore del mezzo pesante.
Questo l’elenco degli indagati per omicidio colposo che nelle prossime ore si vedranno notificare l’archiviazione: si tratta di Riccardo Ricciardi, ex direttore generale della concessionaria Autovie Venete e ora assessore regionale ai Trasporti, dell’attuale direttore generale Enrico Razzini e dell’allora amministratore delegato Pietro del Fabbro. Ci sono poi i componenti della famiglia Bizzotto, titolari della ditta di trasporti “Bfc” di Tombolo proprietaria del mezzo pesante che provocò il terribile incidente: si tratta di Cesare Armando, Claudio, Giancarlo, Giuseppe e Luigi Bizzotto. Infine, per Iveco Fiat Mario Astengo, Gherard Rieck, Marco Vignolo e Willy Lorenz Wolker.
Per la Procura e per il gip, dunque, non è colpa dei produttori e dei manutentori del camion se il mezzo pesante è schizzato sulla corsia opposta all’improvviso, apparentemente senza motivo. Non è colpa nemmeno del guardrail troppo “tenero” per contenere l’impatto devastante del camion, e di conseguenza non è responsabilità della società autostradale.
Era stato proprio il guard rail tra i due sensi di marcia a finire al centro di una guerra di perizie tra accusa e difesa. Troppo basso e fragile, secondo l’accusa. In regola, secondo i legali di Autovie, e comunque nessun tipo di barriera, se non un muro altissimo, avrebbe potuto arrestare la corsa impazzita di quel camion guidato dall’autista polacco Roman Baran che provocò l’inferno finendo nella carreggiata opposta.
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