Sarà la Corte dei Conti a decidere sulla darsena

CHIOGGIA. Nuovo colpo di scena nella ventennale vicenda della darsena di San Felice per la quale il Comune ha dovuto sborsare quattro milioni di euro di risarcimento. Al Consiglio di Stato, che ha condannato il Comune a pagare, non è stato prodotto l’atto di transazione con cui i titolari della darsena si impegnavano a non procedere per via giudiziaria. Lo rende noto l’ex sindaco Fortunato Guarnieri che, con atti alla mano, nei giorni scorsi ha presentato un esposto alla Procura della Corte dei Conti perché riapra il caso e faccia chiarezza.
La vicenda è tanto nota quanto complicata. Con la condanna del Comune a pagare i danni “provocati” durante l’amministrazione Guarnieri, che ha bloccato il progetto (facendo perdere il finanziamento regionale di 1.759.841 euro) e prodotto una variante per rendere meno impattante il porticciolo, il caso sembrava chiuso, ora invece emergono particolari tutt’altro che secondari. «Credo ci siano ampi margini perché quei quattro milioni di euro tornino nelle casse comunali», sostiene Guarnieri, «per almeno due motivi oggettivi che ho documentato in maniera puntuale alla Corte dei Conti e che riaprono una vicenda che non solo è stata pesante per l’amministrazione, che dopo la sentenza del Consiglio di Stato del 2010 è stata costretta a pagare un conto salato, ma anche per il sottoscritto che politicamente è stato messo alla gogna».
Il primo motivo per contestare la sentenza deriva secondo Guarnieri dal fatto che la società aveva dieci mesi di tempo per contabilizzare tutte le spese dal momento dell’adozione del piano attuativo (7 novembre 1997), per non perdere il finanziamento regionale, ma la contabilizzazione è arrivata cinque anni dopo. «Le due delibere della mia giunta», spiega l’ex sindaco, «che hanno prima rinviato (27 luglio 1998) e poi annullato la società e adottato un nuovo piano particolareggiato (21 giugno 1999) sono posteriori al termine ultimo richiesto per la contabilizzazione che era fissato al 30 settembre 1998. Si capisce quindi che non sono state le delibere a compromettere l’utilizzo del finanziamento, ma il mancato rispetto dei termini».
Ma il punto nodale è un altro. Il 10 settembre 2001, davanti a un notaio, il sindaco Guarnieri, la dirigente all’Urbanistica e il presidente della San Felice firmano un atto di transazione che prevede la rivisitazione del piano particolareggiato e impegna le parti a spegnere qualsiasi contenzioso. «In palese violazione di questo accordo», spiega Guarnieri, «la società nell’ottobre del 2009 riattiva la procedura d’appello al Consiglio di Stato. La cosa più assurda è che il Comune non ha prodotto in sede di dibattimento questo atto che avrebbe reso vano l’appello né una memoria difensiva. Ora mi attendo che si verifichi chi e perché ha omesso di produrre un atto che avrebbe impedito una sentenza tanto pesante per l’amministrazione si proceda ai fini risarcitori».
Elisabetta Boscolo Anzoletti
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