San Donà, tensione alla Lafert: cassa integrazione prorogata al 31 maggio
Il gruppo che ha uno stabilimento anche a Noventa soffre la stagnazione del mercato tedesco. Nuovi progetti e prodotti per cercare di superare la crisi

Cassa integrazione prorogata fino a fine maggio negli stabilimenti Lafert di San Donà e Noventa. La tensione non si è ancora stemperata tra i circa 700 dipendenti nel basso Piave, nonostante le rassicurazioni dei vertici dell’azienda che fa parte della multinazionale giapponese Sumitomo.
L’incontro con l’ad
L’amministratore delegato, ingegner Cesare Savini, ha presentato il piano dei futuri investimenti e ha sempre usato toni rassicuranti sulla base di dati e analisi del mercato. I problemi nei due stabilimenti e in quello di Fusignano nel R avennate, per il quale è stata decisa invece la chiusura, sono legati alla congiuntura economica, la contrazione del mercato tedesco, uno dei principali per il gruppo, la concorrenza della Cina. Intanto, la cassa integrazione è prorogata dal 3 marzo al 31 maggio 2025 per 546 lavoratori nella sede di San Donà e altri 179 a Noventa.
Il piano investimenti triennale di Lafert vede i sindacati vigili sulla prevista crescita del 14 per cento da qui al 2028. Le Rsu di Fiom, Fim e Uilm, dopo l’incontro in Confindustria con l’Ad e il responsabile delle relazioni sindacali, sono entrati nel merito.
Il sindacato
«L’incremento di fatturato», spiegano i sindacati, «si fonderebbe sul lancio di nuovi progetti e prodotti, aumento delle prestazioni, implementazione dei rapporti con i grandi distributori. Nel quadro previsionale tracciato, non vi sarebbe nessun volume aggiuntivo sui motori con le caratteristiche tecniche di quelli prodotti nello stabilimento di Fusignano. La riduzione dei costi fissi negli stabilimenti deriverebbe, invece, dalla revisione dei contratti di manutenzione esterna, la distribuzione automatica dei d. p. i., con maggior controllo del consumo, la revisione dei processi e contratti di fornitura per il materiale ausiliario alla produzione, azioni volte a contenere la dispersione energetica e revisione dei contratti di fornitura. Infine la chiusura dello stabilimento di Fusignano” .
La delegazione sindacale invoca ulteriori approfondimenti e ritiene inaccettabile la chiusura di Fusignano. Proposto un confronto, anche con i livelli istituzionali, per la revisione del piano industriale, mantenendo l’operatività a Fusignano e individuando altre soluzioni. Ma la sorte dello stabilimento nel Ravennate è segnata e si potrà sperare solo nella ricollocazione. —
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