San Donà, ecco il grande market. Cinese

di Giovanni Cagnassi
SAN DONA'
Dalla Cina con furore. Un'invasione di attività commerciali cinesi sta cambiando radicalmente le regole del commercio in città. Dopo i primi piccoli negozi e supermercati, è adesso il momento dei colossi. Nei giorni scorsi è stato aperto in via Vizzotto, a lato della birreria Tana del Luppolo, dove da poco si era trasferita la "Ovs", un nuovo ingrosso, la "2elle" ,che si distribuisce su un immobile addirittura a due piani. Si può trovare di tutto: dai vestiti, all'arredamento alla cancelleria o oggettistica di ogni genere. L'ingresso è luminoso e scenografico. Il potenziale cliente si trova immerso in un'offerta incrediblmente variegata, con gentilissimi commessi pronti a dare tutte le informazioni. Ormai ne sono stati aperti numerosi in tutta la città.
Nel quartiere del San Giuseppe, poi nella zona del centro commerciale, a Mussetta, sorgono come funghi dopo un'abbondante pioggia autunnale e subito attirano gente da tutte le parti, per i prezzi competitivi e l'incredibile varietà di prodotti sugli scaffali. Ma non è tutto. I cinesi hanno già aperto dei bar, sempre in via Vizzotto, poi in via Eraclea, e sono interessati ad aprirne di nuovi. Ci sono anche i parrucchieri, il primo in via Acillotto, che ha avuto un grande successo, adesso un secondo davanti ai giardini della ex Sip-Telecom. L'amministrazione comunale di San Donà sta esaminando il fenomeno con attenzione. I cinesi arrivano con i soldi da investire, chiedono le licenze, rispettano le regole, battono gli scontrini, salvo eccezioni piuttosto rare prontamente sanzionate dagli organi competenti. E poi lavorano, tante ore, senza integrarsi troppo, ma vivendo nella loro comunità ristretta che non disturba nessuno, se non rivoluzionando le regole del mercato con prezzi al ribasso e migliaia di ore lavorative all'anno. Non è tutto oro quello che luccica. «C'è un rovescio della medaglia- dice l'assessore alle attività produttive, Nello Teso- la crisi del ceto medio porta anche a questo. Oggi i cinesi hanno soldi da investire, ma il segnale non è positivo perchè spesso la qualità non è eccelsa. E poi anche loro hanno problemi e ci sono attività gestite dai cinesi che hanno dovuto chiudere. Vorremmo inoltre che venissero qui per integrarsi, spendere a loro volta, ma questo non accade quasi mai».
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