Ristoratore

Giacomo Zamattio è nato a Sant’Elena quando ancora c’era in zona una decina di negozi di vicinato e calli e giardini brulicavano di bambini. A quell’immagine è rimasto legato e quando, insieme agli amici Alberto ed Enrico Bertoldini, hanno deciso di aprire un bar, hanno pensato che la gestione doveva seguire una filosofia che in primis metteva quella Venezia conosciuta da piccoli. Sono partiti da un piccolo bar in zona San Luca. Un bar che tutti conoscevano come “il Muro” e quel nome è diventato il loro brand. Il bar grazie ai tre amici riprende a funzionare. Zamattio era arrivato con l’esperienza da dipendente dello zio nello storico “Olandese Volante”. Il successo arriva per questo ragazzi grazie al fatto che si crea un giro di veneziani e in pochi mesi la zona si rianima. Come tutti i giovani sono pure un po’ incoscienti e a forza di frequentare Rialto, la Pescheria e l’Erbaria i tre decidono di spostarsi in quest’area. Aprono un bar su due piani, all’inizio non funziona ha pure un nome diverso. Poche settimane per tarare il locale ed ecco che i veneziani ritrovano un punto di riferimento. Non è un bacàro e tanto meno un finto bàcaro è un bar. «Al tempo abbiamo creato un giro di giovani e ricordo come molti abitanti della zona iniziarono a protestare per la movida creata. Naturalmente abbiamo cambiato il nome e messo anche qui “il Muro”. Nome che non abbiamo più abbandonato. Siamo sempre stati fedeli al fatto che il bar e i successivi ristoranti dovevano essere a misura di veneziano. Non abbiamo mai pensato di investire in funzione del turismo. Poi è arrivato il Muro di San Stae e quello dei Frari» spiega Giacomo. «Una soddisfazione è di riuscire a dar da vivere a trentacinque famiglie del centro storico. Anch’io sono rimasto a vivere a Castello. C’è ancora Venezia in quel sestiere». —

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