Rifiuti pericolosi sul campo, due condanne

Otto mesi a testa per il legale rappresentante e l’amministratore della ditta “Cargo Line”

Otto mesi di reclusione e 2.000 euro di multa a testa per aver realizzato una discarica con rifiuti pericolosi e non nella zona di via Bottenigo a Catene. Il tutto in violazione del Testo unico sull’ambiente. Lo ha deciso ieri pomeriggio la giudice monocratica Sara Natto che ha deciso di condannare Riccardo Ferrandi, 55 anni di Sarzana (La Spezia), e di Riccardo Trusendi, 73 anni, originario di Massa Carrara, in qualità rispettivamente di legale rappresentante e amministratore di fatto della “Cargo Line srl”, la ditta (nel frattempo fallita) che ha realizzato la discarica abusiva. Per Ferrandi, la giudice ha disposto la sospensione della pena. Determinati anche i risarcimenti per le parti civili costituite: 9.000 euro per la Città Metropolitana con l’avvocato Giuseppe Chiaia, 2.500 euro per Legambiente con gli avvocati Giovanna Mingati e Arianna Tosoni.

Nella scorsa udienza, il pm Giorgio Gava aveva chiesto la condanna a 1 anno e 9.000 euro di multa per Trusendi e a 8 mesi e 7.000 euro per Ferrandi che era sì il legale rappresentante della ditta, ma nella vicenda gli è stato riconosciuto un ruolo da subordinato rispetto a Trusendi. Nell’udienza di ieri le difese hanno chiesto l’assoluzione e in subordine l’avvenuta prescrizione per il deposito incontrollato di rifiuti. Una tesi, questa, non accolta dalla giudice che ha invece deciso per la condanna dei due imputati.

I fatti finiti davanti al tribunale si riferiscono al periodo che va dal 2010 al 2012. A segnalare alla Procura lagunare l’esistenza di quel cumulo di rifiuti erano stati gli agenti della sezione ambiente della polizia municipale che avevano raccolto la protesta dei residenti, stanchi di vedere quel cumulo di spazzatura su un terreno che la “Cargo Line” aveva preso in affitto. Nel corso dei controlli delle forze dell’ordine erano stati trovati rifiuti pericolosi, in particolare fusti contenenti oli esausti, centinaia di pneumatici fuori uso e carcasse di motori di auto, oltre a montagne di plastica e macerie provenienti dai cantieri edili. Stando al capo d’imputazione, Ferrandi avrebbe poi cercato di ripulire l’area, senza però seguire le procedure previste dalla normativa in presenza di rifiuti pericolosi.

Rubina Bon

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