Rialzi, difese locali e nuove insulae: ecco le alternative del dossier Venezia

VENEZIA. Oltre il Mose. Sono decine gli interventi, in parte progettati almeno vent’anni fa, per difendere la città dalle maree. Mai realizzati perché i fondi erano stati dirottati tutti sulla grande opera. Il “dossier Venezia”, rilanciato dalla mozione approvata dalla Camera, comincia a prendere forma. Tecnici, ingegneri, comitati lo stanno mettendo insieme. Lo presenteranno domani in un convegno alla Scoletta dei Calegheri e poi lo invieranno al governo.
I RIALZI
Per difendere la città d’acqua dalle maree medio alte, sempre più frequenti, la strada indicata era stata quella dei rialzi. Alcune rive e fondamente sono state rialzate negli anni Novanta, e adesso sono all’asciutto fino a una quota di 110-120 centimetri. Succede anche al Molo di San Marco. Va sotto oltre i 115 centimetri, quando davanti alla Basilica ci sono già 50 centimetri d’acqua. Sono 8 mila i punti, individuati da uno studio dell’architetto Giorgio Leandro, che potrebbero essere facilmente rialzati.
INIEZIONI D’ACQUA
Secondo Giuseppe Gambolati, ricercatore dell’Università di Padova, il problema delle acque alte potrebbe essere in parte risolto iniettando nel sottosuolo acqua salata, rialzando la pavimentazione. Sollevamenti geotecnici sono stati già realizzati con successo all’isola di Poveglia.
DIFESE LOCALI
L’acqua si può contenere anche realizzando difese locali. Come le insulae, previste e mai realizzate a Burano, l’isolamento di Pellestrina, fallito l’altro giorno per il malfunzionamento delle pompe. Ma anche le vasche in città. Molti negozi dove erano stati realizzati questi interventi sono rimasti all’asciutto. Ci sono anche i mini Mose a Chioggia e Pellestrina. Anche questi efficaci pe maree fino a 130-140. Un altro sistema di difesa è quello delle macro insulae progettate dall’ingegnere Mario Dalla Costa.
I CASSONI
«Uno dei problemi urgenti da risolvere», dice Stefano Boato, urbanista e studioso di laguna, «è la quantità e la velocità dell’acqua che entra in laguna. Occorre ridurre la portata alle bocche di porto. E questo si può fare con sistemi provvisori economici e rimovibili in estate quando le acque alte sono meno pericolose. Come cassoni immersi per ridurre le portate d’acqua. Le bocche di porto invece sono state modificate negli ultimi anni con scavi per i canali portuali e la realizzazione del progetto Mose».
VALLI DA PESCA
L’apertura delle valli è intervento prescritto dalla Legge Speciale del 1973 e dimenticato nel cassetto. La marea che entra non trova «bacini di espansione adeguati», perchè una parte di laguna è stata interrata e perché le valli da pesca sono chiuse.
IL RIEQUILIBRIO
Con la laguna manomessa e i cambiamenti climatici non basta progettare opere di difesa. Bisogna anche puntare al «riequilibrio» e alla riduzione delle cause del dissesto. Ecco allora l’appello delle associazioni ambientaliste e di Italia Nostra per abbandonare i progetti di nuovi scavi di canali. «Il canale dei Petroli è un’autostrada che entra in laguna e ne provoca il dissesto idraulico», dicono, «bisogna pensare a ridurne la profondità».
LE ALTERNATIVE
Dal 2006 non si parla più di “alternative al Mose”. Progetti proposti dal Comune, allora guidato da Cacciari, che erano stati studiati e proposti al governo. Meno costosi e meno impattanti. Come le paratoie a gravità di Vincenzo Di Tella, il progetto Arca di Paolo Ieno. Il rialzo dei fondali della bocca di Lido e il porto fuori dalla laguna di Cesare De Piccoli. Ma il governo Prodi le aveva bocciate. E il Comitatone, con il solo voto contrario del sindaco Cacciari, aveva deciso di proseguire sulla strada del Mose. —
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