Red Ronnie incontra Brugnaro: «Il Roxy Bar a Venezia per rilanciare la città»

Musica giovane ma sussurrata, che colpisca diritta al cuore dei veneziani e dalla città lagunare risuoni nel mondo intero rilanciando l’immagine di Venezia. Dire Red Ronnie e dire Roxy Bar sono una cosa sola. Il presentatore e critico musicale - che venerdì ha accolto il tweet del sindaco che lo invitava a Venezia dopo la chiusura del suo Roxy Bar - un progetto cucito sulla città ce l’ha già, ed è tutto nella sua testa: intimo, diffuso, potente.
Si farà questa joint venture tra lei e il sindaco?
«Chi lo sa. Ma se si farà, sarà sicuramente un progetto bellissimo. Con Brugnaro non abbiamo parlato di nulla, ci siamo lasciati dicendo che lui vuole che io veda Porto Marghera».
Preliminari per conoscervi?
«Il sindaco mi aveva invitato a pranzo, sono venuto disarmato. Poi mi sono pentito di non avere avuto con me la telecamera, di solito privilegio la qualità. Sono rimasto affascinato dalla storia di Brugnaro, uno di quegli imprenditori che si prendono un periodo sabbatico per portare a termine una missione, persone che servono un casino, perché scombussolano tutto. Ho iniziato a riprendere, ne è uscito il reportage, ma non c’era intenzione di pianificare, ma di “annusarsi” a vicenda».
Vi siete piaciuti?
«Sì. Io gli ho fatto un grande endorsement, i commenti sono strapositivi. Dopo la pubblicazione del video mi ha chiamato Renzo Rosso, sono stato contattato da altre città che si sentono fuori da questo ponte che sto creando con Venezia e Napoli. Alessandra Clemente, assessore a Napoli, ha la stessa mentalità d’azione di Brugnaro. Oggi non esiste destra e sinistra, il mondo si divide tra persone e politici che parlano e basta, e quelli che fanno. La cosa più bella è quando Brugnaro dice che bisogna fare, e fare presto».
Dove immagina questo evento?
«A Venezia c’è molto spazio, ma non penso agli eventi, bisogna puntare alla quotidianità».
Pensa a uno spazio come il Parco di San Giuliano?
«Nel tempo San Giuliano è scemato per motivazioni di natura diversa, la tempesta, l’Heineken che non si fa perché non investe, ma il Veneto musicalmente è attivo».
Cosa significa?
«L’errore sta nel pensare di portare solo eventi, i Pink Floyd in laguna sono stati un disastro. Camminando per Venezia, andando a Palazzo Ducale, in mezzo alle calli e alle case, nei rii, ho provato una sensazione di grande rispetto: Venezia dev’essere protetta, non si possono sparare decibel, quello si può fare in terraferma. Un Roxy Bar a Venezia è dolce, acustico, intimo, di grande spessore umano, non musica con amplificatori a palla. Venezia non è questo, la Venezia più bella è di notte come diceva Roberto Gasparini, quando senti il rumore dei tacchi».

Si muove in punta di piedi?
«Quando arrivo in un luogo, mi metto in ascolto, della gente, della città: non posso venire a Venezia e dire faccio il Roxy Bar, devo prima capire come fare. Certo, il progetto non c’è ancora, ma nella mia testa c’è già tutto».
Chi inviterebbe?
«Collaboro con diversi progetti tra cui Fiat Music e Optima Red Alert, che mi hanno permesso di censire chi fa musica propria in Italia. Credevo che questi artisti fossero spariti, con questo strapotere dei talent dove devi essere carino e le canzoni te le danno loro. Invece ce ne sono, ci sono artisti con una forza spaventosa, questi vorrei portare, assieme a Gianni Morandi, Dolcenera, cantanti che hanno uno spessore culturale. Venezia ha bisogno di linfa nuova».
Vuole svecchiare la città?
«A Venezia con il sindaco ho visto anziani, non giovani, Brugnaro lo sa questo».
E la terraferma?
«Brugnaro è fissato con Porto Marghera, ma sono due cose diverse. A Porto Marghera puoi fare un concerto, a Venezia devi sussurrare la musica».
Red Ronnie ha moltissimi progetti in mente...
«Ho tante idee, una mai andata in onda, realizzata proprio a Venezia, e quando vedo un posto mi immagino già la diretta televisiva, ma sono la persona più copiata d’Italia, quindi per ora non dico nulla». Abolita la parola evento, cosa ci si deve aspettare?
«Tutti vogliono grandi eventi, che poi sono cattedrali nel deserto, ma non servono a nulla. Quanta musica si poteva fare invece del concerto dei Pink Floyd a Venezia? E tutti ne hanno un brutto ricordo».
Come lo vede allora questo Roxy Bar lagunare?
«Un progetto continuativo e diffuso. Si può anche fare nel palazzo Ducale il Roxy Bar, ma non significa nulla. Lavorare con una città e con un sindaco che vuole cambiare e fare le cose significa dare continuità al progetto, spazio a ragazzi di Venezia e del Veneto, fare in modo che condividano e dipingano, perché no, la propria arte».
Gli spazi ci sono?
«Sì ci sono, lo vedrei in vari luoghi, esibizioni in tante parti della città. Venezia è magica, è una cosa pazzesca, va rispettata, è talmente forte, orgogliosa, deve tornare ad essere punto di forza».
Inviterebbe a Venezia Elton John?
«No. L’invito verrebbe distorto per portarlo in polemica. L’utero in affitto non mi interessa, l’arte è un’altra cosa, chiaro che rimango perplesso quando vedo che una persona paga tanti soldi a una donna perché partorisca. Io non concepisco pagare per fare sesso, figuriamoci se posso pagare una donna perché faccia un figlio, su questo sono d’accordo con il sindaco Brugnaro».
Tornerà a Venezia?
«Penso di sì, con il sindaco ci dobbiamo sentire, ho tre milioni di cose in testa, il fatto che mi abbiano distrutto Roxy Bar mi ha aperto un mondo nuovo, quindi sono libero di andarmene in giro».
Soldi?
«Non ho la copertura finanzinaria per farlo. Non abbiamo parlato né di soldi né di progetti, ho detto che non voglio soldi dal Comune, neanche un centesimo, dobbiamo trovare privati, non voglio gravare di una lira sul bilancio di Venezia, io guardo negli occhi non nel portafogli».
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