Pipino sorvegliato speciale linea dura del Tribunale

Misura solitamente riservata ai boss per il “ladro gentiluomo” della Giudecca Non potrà uscire la sera e avrà il divieto di frequentare pregiudicati e locali
Di Giorgio Cecchetti

VENEZIA. Il Tribunale della prevenzione presieduto dal giudice Patrizia Montuori ha deciso: Vincenzo Pipino, quando uscirà dal carcere, sarà sottoposto alla sorveglianza speciale. Dovrà rientrare in casa sua alle nove di sera e dovrà rimanerci tutta la notte, non potrà vedere pregiudicati e molti suoi amici lo sono, non potrà frequentare esercizi pubblici, in particolare bar e sale giochi.

Si tratta di provvedimenti che solitamente colpiscono personaggi con una notevole carriera criminale alle spalle e sospettati di continuare ad essere protagonisti di imprese criminali. A chiedere la misura di prevenzione all’autorità giudiziaria è stata la Questura di Venezia, che su Pipino ha raccolto la documentazione che riguarda soprattutto le sue ultime condanne. La Polizia ha voluto dimostrare che il «ladro gentiluomo», un mestiere che vista l’età avanzata - ha 70 anni - ha ormai messo da parte, non avrebbe smesso di compiere reati.

Dopo una lunga carriere di ladro, anche di opere d’arte ma non solo, un epopea che Pipino ha raccontato nel libro «Rubare ai ricchi non è peccato», è accusato di aver organizzato un traffico di sostanze stupefacenti, importando in laguna eroina e cocaina da Roma, grazie ai suoi contatti con la malavita romana, rapporti costruiti grazie alla sua lunga permanenza nelle carceri della capitale. E proprio a Rebibbia, quattro mesi fa, si è costituito quando ha saputo che sul suo capo pendeva un’ordine di carcerazione: deve scontare undici anni di reclusione per una condanna per traffico di sostanze stupefacenti. Poche settimane dopo, però, è stato trasferito nel carcere di Padova. Stando al dossier raccolto dalla Questura, Pipino si è riciclato ancora una volta, inserendosi nel giro della falsificazione delle carte di credito e, nel frattempo, è già stato «pizzicato» per ben tre volte con l’accusa di aver utilizzato bancomat clonati. «Rubo ancora una volta ai grandi ricchi e non certo ai poveracci e nemmeno ai titolari delle carte di credito, visto che sono banche e assicurazioni poi a sobbarcarsi l’onere di rifondere alle appropriazioni» ha spiegato agli amici.

Mercoledì scorso, davanti ai giudici del Tribunale lagunare, si è difeso con tenacia, parlando a lungo e cercando di smontare le pesanti accuse della Questura. Come è accaduto in altre occasioni, lo ha fatto da solo, parlando a lungo. Ma evidentemente non ha convinto i giudici, così quando uscirà dal carcere dovrà sottostare alle misure previste dalla sorveglianza speciale, le stesse che hanno subito i boss.

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