Omicidio di Udine, i carabinieri: un guanto inchioda il killer

Conferenza stampa al comando provinciale di viale Trieste con il numero uno del Ris: sull’indumento sangue della vittima e dell’aggressore

UDINE. Su uno dei guanti che i carabinieri hanno sequestrato a Nicola Garbino sono state trovate non solo le tracce di sangue di Silvia Gobbato, ma anche del sangue dello stesso trentaseienne di Zugliano, feritosi leggermente.

Al momento è questa la “prova regina”, cristallizzata dal Ris di Parma, che inchioda l’uomo alle sue responsabilità.

Lo hanno annunciato poco fa i carabinieri durante una conferenza stampa in cui sono stati spiegati i risultati di analisi di laboratorio concluse solo poche ore fa, durante la notte.

Nel guanto destro è state trovate alcune tracce ematiche riconducibili alla ragazza e altre a lui. E queste ultime sono state giudicate compatibili con una ferita superficiale che l’uomo ha sul braccio destro.

Nessuna traccia evidente di sangue evidente, invece, sul coltello, che sarebbe stato lavato con acqua fangosa, forse quella del Cormor. Dunque, per evidenziare eventuali tracce latenti saranno necessari esami più approfonditi.

Come ha spiegato il comandante provinciale dell’Arma, colonnello Roberto Del Piano, «le indagini non sono concluse». «Siamo ancora in una fase di riscontro - ha sottolineato - per cui ci sono ancora esigenze di tutela investigativa».

Oltre al colonnello Del Piano hanno preso parte all’incontro con la stampa il comandante del Ris Giampietro Lago insieme al capitano Nicola Staiti che ha coordinato la squadra di esperti impegnati a Udine; il tenente colonnello Luciano Paganuzzi del Reparto operativo friulano, il maggiore Federico Patuzzo della Compagnia di Udine.

Fin dalle prime battute della conferenza, il pensiero degli ufficiali dell’Arma è andato alle famiglie coinvolte in questo drammatico evento. «Ho avuto la possibilità di conoscere i genitori della povera Silvia - ha dichiarato ancora il colonnello Del Piano - e di parlare con Giorgio e i suoi congiunti. Ho raccolto il loro strazio. E poi anche il loro ringraziamento per la nostra attività che ha portato a chiarire tanti aspetti».

«Quando siamo partiti - ha osservato il comandante del Ris Lago - ci siamo trovati di fronte a un quadro molto complesso. Non c’erano elementi su possibili autori o moventi. Anche per questo abbiamo raccolto un numero elevato di reparti con la speranza che si potessero trasformare, dopo le analisi, in fonti di prova».

Secondo la ricostruzione fatta dai carabinieri, Garbino avrebbe compiuto l’omicidio indossando una tuta invernale sopra i suoi vestiti e un paio di guanti in pile. Abiti che, insieme con il coltello - che ha una lama lunga 25/30 centimetri - avrebbe lasciato in una borsa di tela nei campi poco dopo aver commesso l’assassinio e aver vagato nella zona.

Ieri mattina Garbino è tornato nell’area compresa tra Colugna, Plaino e Torreano di Martignacco. Ha recuperato la borsa e, poco dopo, ha incontrato i carabinieri ai quali non ha esitato a dire, dopo essere stato messo alle strette da una serie di domande incalzanti: «Sono io l’assassino, ho fatto una cosa imperdonabile».

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