«Noi, evacuati nell’incubo dell’uragano»

Elisabetta Tescari di Mestre e il marito abitano vicino a Houston. «Grazie a Dio ci siamo salvati ma tante case devastate»
Il loro quartiere è diventato una piscina con un metro e mezzo d’acqua, hanno dovuto abbandonare la casa, con i bambini che piangevano sotto la pioggia. Ma ora che l’uragano Harvey si è sfogato possono tirare un sospiro di sollievo. «Grazie a Dio la nostra casa non ha avuto danni ma facciamo parte dei pochi fortunati, le case attorno alla nostra sono devastate».


Ci sono il dolore e la speranza nelle parole di Elisabetta Tescari, 38 anni, nata a cresciuta a Mestre con studi all’istituto Gritti che da più di 6 anni vive nel Texas assieme al marito, Martino De Lazzari, (35), di Treviso, e i loro due figli Emma e Lucas di 7 e 4 anni. «Il Texas è un posto meraviglioso», racconta, «che ci ha dato la possibilità di costruirci una vita». E che negli ultimi giorni li ha messi a dura prova, mettendoli faccia a faccia con il ciclone tropicale che ha colpito vaste aree del sudest del Texas e della Louisiana. La famiglia di Elisabetta abita a Richmond, 30 chilometri a Sudovest da Houston. «Quel che è successo», racconta la donna, «ci ha traumatizzato». L’incubo è iniziato venerdì. «Ha cominciato a piovere verso sera e non ha smesso fino a quasi lunedì mattina. Ci sono state breve interruzioni, ma solo di pochi minuti, e l’acqua nelle strade è cresciuta a dismisura. Abbiamo chiamato il 911
(il numero di emergenza negli Stati Uniti, ndr)
sabato verso le 20 chiedendo di essere evacuati». L’acqua, nel quartiere, aveva infatti raggiunto il metro e mezzo. «Non soltanto temevamo che l’acqua entrasse in casa, e le case qui sono in legno e cartongesso», prosegue ancora Elisabetta, «ma temevamo pure di rimanere al buio e senza aria condizionata, e qui ci sono ancora tra i 30 e i 35 gradi, senza frigo e senza la possibilità di usare i bagni». Poi sono stare ore in attesa dei soccorsi.


«I soccorritori sono riusciti a farsi strada nel nostro
neighborhood
verso mezzogiorno di lunedì con alcuni piccoli motoscafi. Ci hanno trasportato verso l’asciutto di un parcheggio e da li siamo stati trasportati con un camion “da cava” in un centro di smistamento per le persone». Via da casa con lo stretto necessario e i bambini che piangevano. «È stato un incubo: I bambini piangevano e tremavano dal freddo. Non c’era modo di restare asciutti perché pioveva a dirotto, e noi non eravamo adeguatamente vestiti per tutta quest’acqua. Abbiamo lasciato casa nostra con poco, forse un cambio e un po’ di barrette proteiche. I bambini erano impauriti e noi molto confusi». Le ore successive sono state a casa di alcuni amici, in attesa di poter tornare a Richmond e scoprire che il peggio era passato. E la casa, tra le poche, si era salvata dalla furia dei ciclone. «La gente piangeva per strada, mentre rimuovevano le macerie dalle case: divani, sedie, letti, pavimenti, mobili, automobili destinati all’immondizia, perché quello che l’acqua tocca e’ inservibile e deve essere sostituito. I muri interni delle case vanno rimossi e ricostruiti. Danni per cifre che non so nemmeno pronunciare». Un disastro che però ha rinsaldato lo spirito di solidarietà della comunità, come accade sempre negli Stati Uniti. «Il proprietario di un rinomato negozio di materassi ha messo a disposizione i suoi due negozi come rifugio per coloro che hanno perso la propria dimora. Ha messo a disposizione tutti i materassi all’interno dei negozi perché gli sfollati gli utilizzino. Altri gesti eroici sono stati compiuti da anonimi cittadini non curanti del pericolo».


Perché l’acqua, in queste ore nel Texas, ne nasconde davvero molti. «Ci sono serpenti, alligatori e formiche rosse (velenose) che non trovando la strada di casa, si aggirano pericolosamente nei nostri quartieri», racconta Elisabetta. Senza contare che «lo sceriffo ha decretato che agli sciacalli che proveranno a rubare nelle case evacuate potranno avere la pena massima dell’ergastolo. Qui in Texas con la legge non si scherza: ci fa piacere? Certamente, una pena del genere è un deterrente».


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